Unioni civili e convivenze di fatto: ecco che cosa cambia

Il Ddl Cirinnà sulle unioni civili è stato approvato dal Senato e porta con sé numerose novità per quanto riguarda le coppie, sia dello stesso sesso che eterosessuali, che decidono di convivere senza unirsi in matrimonio. Vediamo da vicino di che cosa si tratta e in che modo la casa abbia a che fare con questi aspetti.

Redazione
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il 27/03/2016 Aggiornato il 27/03/2016
vista Ravenna - Rapporto annuale ISTAT 2019

Il fenomeno delle convivenze nel nostro paese è in continuo aumento e già nel 2011, secondo dati Istat, 1 milione di coppie ha scelto di vivere insieme senza unirsi in matrimonio. Il Senato ha dato via libera a un testo di legge molto discusso sulle unioni civili, conosciuto come Ddl Cirinnà dal nome della parlamentare che lo ha promosso, che prevede delle novità molto importanti per le unioni civili di coppie dello stesso sesso. La legge approvata oggi dal Senato distingue tra le unioni di coppie omosessuali e di coppie etero. Per le prime arrivano le unioni civili, mentre per le seconde vi è la convivenza di fatto.

Si intendono per conviventi di fatto due persone con età maggiore che sono unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, che non sono vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o un’unione civile. Ma come si accerta la convivenza di fatto? Non basta la sola residenza delle due persone nella stessa casa ma occorre presentare al Comune una dichiarazione in cui si ufficializza la creazione di un nuovo nucleo familiare.
I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune sottoscrivendo un contratto di convivenza, redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Nel contratto possono essere contenuti:

  • l’indicazione della residenza;
  • le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
  • il regime patrimoniale della comunione dei beni come da codice civile.

Per le coppie etero inoltre non è prevista né l’eredità né la pensione di reversibilità. Tuttavia si prevede che in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto a continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i 5. Se poi nella stessa casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, quest’ultimo ha diritto a continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a 3 anni. Il diritto alla casa viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitarvi stabilmente o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto. Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

Passando alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il Ddl Cirinnà parla di “specifica formazione sociale”. Affinché si costituisca unione civile gli interessati maggiorenni devono dichiararla alla presenza di due testimoni dinanzi all’ufficiale di stato civile che provvederà poi a registrarla nell’archivio dello stato civile. I dati anagrafici, il regime patrimoniale e la residenza vengono registrati nell’archivio dello stato civile. Le parti possono stabilire, per tutta la durata dell’unione, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi, anche anteponendo o posponendo il proprio cognome se diverso. Con la costituzione dell’unione civile le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; hanno l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione, fissando la residenza comune.

Per quando riguarda il regime patrimoniale quello ordinario è la comunione dei beni, a meno che le parti pattuiscano una diversa convenzione patrimoniale. Con la nuova legge la pensione di reversibilità e il Tfr maturato spettano al partner dell’unione e per la successione valgono le norme in vigore per il matrimonio, ossia al al partner superstite va la “legittima”, cioè il 50%, e il restante va agli eventuali figli.

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