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Dal 2026 la cedolare secca sugli affitti brevi sarà al 21% se l’immobile non viene affittato tramite agenzie o portali online come Airbnb, Vrbo o Booking. In pratica, chi affitta direttamente senza intermediari continuerà a pagare la tassazione più bassa, mentre l’aumento al 26% dal 1°gennaio 2026 si applicherà solo ai contratti gestiti tramite intermediari o piattaforme digitali. Questa la novità introdotta dall’ultima manovra di bilancio in fase di approvazione.
Ma cosa è la cedolare secca? Per chi decide di locare il proprio immobile è un regime fiscale alternativo e spesso vantaggioso, che permette al proprietario di contenere le spese (costi di gestione dell’immobile, spese condominiali, IMU)
Vediamo insieme cos’è, come funziona e quali sono le novità introdotte dal 2024 e cosa potrebbe cambiare dal 2026.
Cos’è la cedolare secca
La cedolare secca è un regime facoltativo che permette ai proprietari di immobili ad uso abitativo di pagare un’imposta sostitutiva, al posto dell’Irpef e delle relative addizionali, sul reddito derivante dall’affitto.
Chi sceglie questo regime non paga l’imposta di registro e l’imposta di bollo normalmente dovute per registrazione, proroga o risoluzione del contratto di locazione. Restano invece fuori dalla sostituzione le imposte dovute in caso di cessione del contratto.
Aliquote: quanto si paga
Il calcolo è semplice: l’imposta sostitutiva si ottiene applicando un’aliquota al canone annuo di locazione.
- 21%: aliquota ordinaria.
- 10%: aliquota ridotta prevista per i contratti a canone concordato nei comuni con forte carenza di abitazioni (grandi città come Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze e altri capoluoghi)
- 26%: fino al 2025 per gli affitti brevi dal secondo immobile in poi. In pratica, chi sceglieva la cedolare secca ed aveva solo un immobile, poteva fruire dell’aliquota al 21%, ma dal secondo immobile in poi il 21% si applica a un solo di essi, mentre per gli altri scatta l’aliquota al 26%.
Se si affittano più di quattro immobili con contratti brevi, l’attività viene considerata imprenditoriale e diventa obbligatoria la partita IVA.
Cedolare secca per gli affitti brevi: le possibili novità dal 2026
Dal 2026 su tutti gli immobili in affitto breve si applica l’aliquota al 26%. La cedolare secca resterà al 21% solo nel caso in cui “nell’anno di imposta non siano stati conclusi contratti aventi ad oggetto tale unità immobiliare tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o tramite soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”. Cioè se il proprietario affitta da privato a privato, senza il supporto di Airbnb, Booking o altri portali.
Affitti brevi e case vacanza
La cedolare secca è applicabile anche agli affitti brevi, cioè contratti di durata non superiore a 30 giorni. In questo caso rientrano anche le locazioni turistiche e le case vacanza gestite senza attività d’impresa.
La legge chiarisce che la cedolare secca è valida solo se non si superano quattro immobili locati nello stesso anno. Dal quinto in poi, l’attività diventa imprenditoriale.
Chi può scegliere la cedolare secca
L’opzione è riservata alle persone fisiche che affittano immobili abitativi (categorie catastali da A1 ad A11, esclusa l’A10 – uffici e studi privati).
Non si applica se l’inquilino agisce come impresa o professionista, ad esempio nel caso di un contratto intestato a un’azienda per ospitare dipendenti.
Fanno eccezione alcuni casi specifici, come immobili locati a cooperative o enti senza scopo di lucro destinati a studenti o dati in assegnazione ai comuni.
Come si sceglie la cedolare secca
L’opzione si esercita:
- Al momento della registrazione del contratto con il modello RLI.
- Negli anni successivi, entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente.
In caso di proroga, anche tacita, entro 30 giorni dalla stessa.
È possibile modificare o revocare la scelta anno per anno, sempre entro i termini.
Pagamenti e scadenze per acconto e saldo
Il pagamento dell’imposta sostitutiva della cedolare secca segue le stesse regole dell’Irpef: acconto e saldo.
- Se l’importo da versare è inferiore a 257,52 euro: si paga tutto in un’unica soluzione entro il 30 novembre.
- Se è superiore: si paga in due rate (40% a giugno, 60% a novembre).
I codici tributo F24 da usare sono:
- 1840 per l’acconto prima rata
- 1841 per l’acconto seconda rata o unica soluzione
- 1842 per il saldo
Nel primo anno in cui si sceglie la cedolare secca non si paga l’acconto, perché non esiste ancora una base di riferimento.
Altri dettagli sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Revoca e risoluzione
Il locatore può revocare la scelta per la cedolare secca ogni anno, tornando al regime Irpef ordinario. La revoca va comunicata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità.
Se il contratto si risolve anticipatamente e tutti i proprietari hanno optato per la cedolare secca, non è dovuta l’imposta di registro. Resta comunque obbligatoria la comunicazione della risoluzione tramite modello RLI.
Vantaggi
Scegliere la cedolare secca comporta alcuni benefici concreti:
- Aliquote fisse e, in certi casi, più basse rispetto all’Irpef.
- Niente imposta di registro né di bollo.
- Calcoli più semplici in dichiarazione.
Svantaggi
C’è però una rinuncia importante: per tutta la durata dell’opzione il locatore non può chiedere l’aggiornamento Istat del canone, anche se previsto nel contratto.
Cedolare secca e reddito complessivo
Il reddito assoggettato alla cedolare secca non concorre a formare il reddito complessivo ai fini Irpef. Ciò significa che su quella quota non si applicano deduzioni o detrazioni, ma viene comunque conteggiata per verificare l’accesso a benefici collegati al reddito, come l’Isee o le detrazioni per familiari a carico.
Cedolare secca: per tutti i tipi di inquilino?
Il regime della cedolare allo stato attuale (ma sono allo studio modifiche) non può essere applicato sempre.
Per esempio, non si può applicare ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti, salvo quanto previsto per i locali commerciali classificati nella categoria C1 (novità introdotta dalle legge di bilancio 2019 -comma 59 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 – pdf).
L’opzione può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative, locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione (Dl 47/2014).