Cedolare secca
La cedolare secca sugli affitti è un’imposta che sostituisce l’Irpef e le relative addizionali comunali e regionali da pagare sui canoni di locazione, insieme all’imposta di bollo e a quella di registro. È il proprietario dell’immobile dato in affitto che deve optare per questa tassazione alternativa dei canoni di locazione di immobili che rientrano nelle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo.
La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto. L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti. L’aliquota è ridotta al 10% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto legge 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché degli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe. È possibile optare per la cedolare secca sia alla registrazione del contratto sia negli anni successivi, in caso di affitti pluriennali.
L’opzione per la cedolare secca può essere fatta anche per i contratti di locazione di tipo strumentale stipulati nel 2019. I locali commerciali devono essere classificati nella categoria catastale C/1 e avere una superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze.