Share economy in condominio

Dalle biciclette alla baby sitter, le formule di condivisione di servizi e attività. Per risparmiare tempo e denaro e vivere meglio con i vicini di casa.

Marco Panzarella
A cura di Marco Panzarella
Pubblicato il 01/02/2022 Aggiornato il 01/02/2022
Share economy in condominio

* Ci sono più definizioni di share economy, delle quali la più semplice è “condivisione di beni o di servizi, gratis o a pagamento”. Più articolata, invece, è quella di “organizzazione delle attività economiche trasferita dall’imprenditore alle folle e quindi distribuita tra la popolazione”.
A pensarci bene si tratta di un fenomeno antichissimo, perché da sempre gli uomini hanno condiviso beni e mezzi. La novità sta nel contributo offerto oggi dalla tecnologia per la gestione e la diffusione di alcuni sistemi.

Attraverso la condivisione di servizi che fanno risparmiare tempo e denaro (e giovano all’ambiente), anche il condominio sperimenta le nuove formule di economia collaborativa. Dagli asili nido condominiali, le prime attività a sperimentare tale formula, si è presto passati a baby sitter e governanti condivise, come badanti e infermieri specializzati. Ci sono poi realtà che usufruiscono di servizi di bike sharing, di una biblioteca comune a tutto il palazzo e di acquisti collettivi. In ultimo, seppure ancora poco diffuso, c’è il wi-fi condominiale, che con l’installazione di un’antenna sul tetto dell’edificio e la firma di un unico contratto con l’operatore di rete, consente a tutti i residenti di collegarsi a Internet, anche negli spazi esterni come il cortile. In quest’ultimo caso, i servizi sono quindi offerti da società terze e non coinvolgono direttamente il condominio. In altri casi, invece, per il via libera occorre raggiungere la maggioranza.

La formula del cohousing

Si tratta di un vero e proprio “stile di vita”, basato sulla condivisione di spazi, servizi e talvolta beni. In questo condominio “speciale”, abitazioni private e aree comuni coesistono, creando un equilibrio autogestito dall’intera comunità: chi sceglie questa formula contribuisce alla creazione di un “microcosmo” sociale. È la comunità, infatti, a redigere la carta d’intenti, un elenco di norme interne utili a garantire il funzionamento del progetto, che saranno sia formali (di diritto privato) sia informali, come per esempio quelle che riguardano la gestione delle risorse economiche o i turni per la pulizia degli spazi condivisi. Questo documento è diverso in ogni condominio, perché dipende dalle differenti esigenze dei proprietari ed è la premessa del “regolamento di cohousing”, una serie di punti che disciplinano la gestione del condominio.

L’asilo nido in condominio

Laddove il regolamento di condominio sia di tipo assembleare e non di natura contrattuale che può vietare il servizio, ogni condomino può avviare all’interno della propria abitazione un asilo nido, aperto ai condòmini e agli “esterni”.
Ciò non può avvenire, per esempio, se il documento contrattuale vieta “assembramenti o passaggi più o meno consistenti di persone che possano determinare un disturbo per la collettività condominiale”. Le “persone” sarebbero i genitori e i parenti che accompagnano e i bambini e li riprendono all’uscita. In tal caso, uno o più condòmini, così come lo stesso amministratore, potrebbero opporsi.
In assenza di divieti si può dunque presentare la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) e ottenere dal Comune, dopo l’ispezione dell’Asl, un certificato di idoneità dei locali dove si vuole svolgere l’attività.
Ogni Regione ha le sue regole ma, in generale, per il via libera serve uno spazio dedicato all’accoglienza, un’area gioco protetta e un’altra destinata al riposo dei bambini, arredata con opportuni lettini. È necessario, inoltre, un bagno con fasciatoio e una cucina a norma.
Tutte le aree devono essere separate e pensate per non procurare rischi ai bambini: niente prese di corrente a vista, spigoli pericolosi, arredi e suppellettili che potrebbero ferirli.
Anche il numero massimo dei piccoli dipende dai regolamenti regionali: in media se ne possono ospitare fino a sette. Ogni educatrice, obbligata a seguire un corso di formazione di 250 ore (lezioni in aula e tirocinio), può occuparsi al massimo di 5 bambini.
Un altro paletto è la metratura dell’abitazione in rapporto al numero di bambini, in media 4-10 mq per ogni piccolo ospite. E ancora, l’orario massimo di apertura, che non può superare le otto ore giornaliere.
Riguardo la somministrazione di cibi e bevande, è permesso preparare dei pasti soltanto se l’Asl ha dato parere favorevole. In alternativa, i gestori dell’asilo possono scaldare i piatti forniti dalle famiglie dei bambini.
Infine i costi, anche qui variabili: in media si paga dai 3 ai 6 euro all’ora a bambino, senza alcuna quota d’iscrizione.

L’assistente condominiale

Un’altra figura destinata a crescere è quella dell’assistente condominiale, una sorta di “tata condivisa”, le cui mansioni possono essere di vario tipo: sbrigare piccole faccende domestiche (fare la spesa, pagare le bollette, ritiro ricette mediche), accudire i bambini e/o accompagnarli a scuola. Per questa governante, lavorare in condominio significa quasi azzerare il tempo per gli spostamenti (basta andare da una casa all’altra) e, di conseguenza, offrire tariffe più basse agli utenti che aderiscono al servizio. La figura dell’assistente condominiale è prevista dall’articolo 18, comma 1, punto D3 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da proprietari di fabbricati che specifica come, su incarico condominiale, possa svolgere mansioni relative alla vita familiare dei condòmini o di una parte degli stessi che, in tal caso, se ne assumono le spese. Il lavoratore, come esplicitato nel contratto, deve essere in possesso delle seguenti competenze professionali:

  • conoscere il contesto di riferimento nel quale
    opera il datore di lavoro e la sua struttura organizzativa specifica;
  • conoscere la collocazione della propria area di attività nell’ambito dei servizi svolti;
  • saper predisporre documentazione e modulistica;
  • saper effettuare comunicazioni telefoniche, comunicazioni interne anche con strumenti telematici;
  • conoscere la normativa di base relativa al settore di appartenenza;
  • conoscere e utilizzare, ove necessario, le nozioni di base di una lingua straniera;
  • conoscere le procedure ordinarie di lavoro predeterminate dal datore di lavoro e gli applicativi specifici;
  • conoscere le modalità di smistamento dei documenti cartacei ed informatici;
  • conoscere le modalità di esercizio di acquisti di merce/servizi, anche attraverso i Gruppi di acquisto solidale.

Badanti e baby sitter in condominio

L’articolo 18, comma 1, punto D4 del Ccnl per i dipendenti da proprietari di fabbricati, introduce una categoria di «lavoratori che svolgono, in appositi spazi condominiali se autorizzati, o all’interno della propria abitazione se inserita nel contesto condominiale, ovvero all’interno delle proprietà esclusive di uno o più condòmini, servizi per la prima infanzia o per persone anziane autosufficienti, o più in generale attività relative alla vita familiare, in favore dei condòmini o di una parte di loro».
In sostanza, si tratta di badanti e baby sitter, il cui costo è a carico dei condòmini che ne usufruiscono.
La badante condominiale, in particolare, è utile in quegli edifici dove risiedono persone anziane che necessitano di un aiuto costante. Se, invece, in uno stabile abitano molti bambini può convenire assumere una baby sitter condivisa. Entrambe le figure sono assunte con il contratto di cui sopra dal condominio stesso, solitamente attraverso l’amministratore dello stabile, mentre se il servizio riguarda un solo condomino
o una sola famiglia sarà necessario applicare il Ccnl di lavoro domestico.
Sia per le badanti che per le baby sitter, l’orario di lavoro non può superare le 40 ore settimanali, distribuite su cinque o sei giornate. Nello specifico, si applica un orario giornaliero continuativo con un intervallo di un’ora.
Le parti possono comunque accordarsi diversamente e definire una durata dell’intervallo minore o maggiore, comunicando la decisione, entro 30 giorni alla Commissione Paritetica Territoriale o, in mancanza, alla Commissione Paritetica Nazionale.
Il contratto, inoltre, prevede che nei casi di turnazione la prestazione lavorativa possa anche non essere frazionata. Per quanto concerne il lavoro straordinario (eccedente dal normale orario settimanale e giornaliero pattuito), quello diurno è retribuito con la normale paga oraria, maggiorata del 15% se si tratta di ore straordinarie fino alla nona ora giornaliera, del 20% dalla decima ora giornaliera straordinaria compresa in poi.
Il lavoro domenicale o festivo è, invece, retribuito con la normale paga oraria maggiorata del 40%. Infine il lavoro notturno, effettuato fra le ore 22 e le 6 del mattino, retribuito con la normale paga oraria maggiorata del 30%, se ordinario, o del 40%, se straordinario.

Bike sharing condominiale

Negli ultimi anni ha riscosso un successo tale che, in molte città, le amministrazioni comunali hanno deciso di realizzare nuove piste ciclabili o migliorare quelle esistenti. Il servizio, gestito direttamente dal Comune o da società private, può essere replicato anche in condominio.
L’articolo 1102 del Codice civile prevede, infatti, che «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. A tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa».
La parte comune in questione è il cortile, dove è possibile posizionare una rastrelliera (che non crei disagi al resto dei condòmini e non leda il decoro architettonico dell’edificio) destinata a ospitare le biciclette da condividere. Il costo complessivo, che può comprendere anche la manutenzione delle due ruote, deve essere suddiviso in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà tra i condòmini che usufruiscono del servizio. Riguardo alla maggioranza necessaria in assemblea per l’installazione della rastrelliera, che come ha chiarito la Cassazione non rientra fra le cosiddette “innovazioni”, è bene precisare che alcuni Comuni obbligano gli edifici in cui è presente un cortile a dotarsi di strutture per il parcheggio delle biciclette. In casi come questi, quindi, non è necessario il benestare dell’assemblea.
Altrimenti, occorre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno i 500 millesimi del valore dell’edificio oppure, se la spesa è contenuta, può essere sufficiente la maggioranza degli intervenuti e 333 millesimi.
quando è proprio vietato
Può succedere, però, che lo stabile sia dotato di un regolamento condominiale di tipo contrattuale (disposto dal costruttore e accettato da tutti i condomini al momento dell’acquisto) che vieti la sosta dei veicoli in cortile e il ricovero delle biciclette. In questo caso, per modificare la regola occorre il voto unanime dei condòmini proprietari. Se, invece, il divieto è contenuto in un regolamento di tipo assembleare, nel caso in cui il Comune abbia reso obbligatorio il ricovero delle bici in cortile, ciascun condomino ha il diritto di chiedere una modifica del regolamento e, per l’approvazione, sarà necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, che rappresentino almeno la metà del valore del condominio. Nel caso in cui la delibera non raggiunga la maggioranza richiesta, ogni condomino potrà rivolgersi al giudice e citare in giudizio il condominio, ottenendo il permesso di parcheggiare le bici.

Condominio con Biblioteca condivisa

Trasformare l’ex portineria dello stabile condominiale in una piccola biblioteca accessibile a tutti i residenti. Qualche tempo fa, l’idea è diventata una realtà in un palazzo milanese ed ora è già stata replicata in molti altri edifici. Il locale della portineria, così come le altre parti comuni dell’edificio, appartiene a tutti i condòmini che possono servirsene senza alterarne la destinazione ed evitando di impedirne l’utilizzo agli altri partecipanti.
La scelta di posizionare i libri negli spazi che una volta ospitavano la portineria è un caso limite e non sembra presupporre un cambio di destinazione d’uso. Se così fosse, occorrerebbe applicare il disposto dell’articolo 1117-ter del Codice civile, secondo cui «per soddisfare esigenze di interesse condominiale l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni».
Più semplicemente, si tratta di una modifica dell’utilizzo di un bene comune e per il via libera è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.
Detto ciò, se nel regolamento condominiale contrattuale è esplicitamente vietato adibire la portineria ad altre funzioni, per procedere occorrerà modificare il regolamento con il voto unanime di tutti i condòmini proprietari.

Adsl condominiale

Prevede l’installazione di un’antenna radio sul tetto comune che emana un segnale captato da tutti i condòmini in possesso della password. Questo sistema, assai poco diffuso, permette sicuramente di abbattere i costi (il contratto è unico e la spesa complessiva va suddivisa
in base ai millesimi di proprietà), ma può risultare lento, soprattutto nei condomini composti da molte unità abitative. È quindi consigliato nelle zone non coperte da adsl o fibra ottica. Per quanto concerne il quorum da ottenere in assemblea per procedere con l’installazione dell’antenna, è necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, che rappresenti almeno i 500 millesimi dell’edificio.
È quanto previsto dall’articolo 1120, comma 2, punto 3) per «l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche
in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto».
Lo stesso articolo chiarisce poi che «l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni (…)».
La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore «deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni».

In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it

 

 

Tratto da Cose di Casa cartaceo luglio 20219

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