Ristrutturare con lo sconto fiscale al 50%: tutto quello che c’è da sapere

Fino al 31 dicembre 2024 sarà in vigore la detrazione fiscale al 50% per ristrutturare casa. Ecco una guida completa con tutte le informazioni utili.

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello
Pubblicato il 20/03/2022 Aggiornato il 20/03/2022
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Ristrutturare casa fruendo dello sconto fiscale al 50% è possibile fino al 31 dicembre 2024. Lavori di manutenzione straordinaria su appartamenti, manutenzione ordinaria su parti comuni di condomini, fino al restauro e risanamento conservativo, per chi interviene sugli immobili c’è più tempo per beneficiare della detrazione Irpef al 50% grazie all’ultima legge di bilancio che ha prolungato per tre anni gli sconti fiscali, fino al 2024. Poi dal 2025, a meno di eventuali proroghe, la detrazione fiscale tornerà al 36%, con limite di spesa di 48.000 euro, sempre da ripartire in 10 quote annuali costanti.

La detrazione fiscale al 50%: chi può beneficiarne e come

Lo sconto fiscale per la ristrutturazione di casa consiste nella possibilità di detrarre dall’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, le spese sostenute per eseguire una serie di lavori. Fino al 31 dicembre 2024, la detrazione ha misura pari al 50% delle spese sostenute e con limite massimo di spesa fino a 96mila euro per unità immobiliare. Lo sconto si può ottenere indicando nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione.

L’agevolazione infatti spetta non soltanto ai proprietari degli immobili ma anche ai titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili oggetto degli interventi e che ne sostengono le relative spese, quindi nudi proprietari, titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie) e locatari o comodatari. Hanno diritto alla detrazione, inoltre, purché sostengano le spese e siano intestatari di bonifici e fatture anche  il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado); il coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge; il componente dell’unione civile (la legge n. 76/2016, per garantire la tutela dei diritti derivanti dalle unioni civili tra persone delle stesso sesso, equipara al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello prodotto dalle unioni civili) nonché  il convivente more uxorio, non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato anche che, se è stato stipulato un contratto preliminare di vendita (compromesso), l’acquirente dell’immobile ha diritto all’agevolazione se:

  • è stato immesso nel possesso dell’immobile
  • esegue gli interventi a proprio carico
  • è stato registrato il compromesso entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui si fa valere la detrazione.

I lavori ammessi alla detrazione al 50%

I lavori sulle unità immobiliari residenziali per i quali spetta l’agevolazione fiscale sono:

  • interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze
  • interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, anche se questi lavori non rientrano nelle categorie indicate nei precedenti punti e a condizione che sia stato dichiarato lo stato di emergenza
  • lavori relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune
  • quelli per la realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia idoneo a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap gravi
  • lavori di bonifica dall’amianto e di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici come ad esempio l’installazione di apparecchi di rilevazione di presenza di gas inerti, il montaggio di vetri anti-infortunio, l’installazione del corrimano
  • quelli relativi all’adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi.
  • quelli finalizzati alla cablatura degli edifici, al contenimento dell’inquinamento acustico, al conseguimento di risparmi energetici, all’adozione di misure di sicurezza statica e antisismica degli edifici
  • interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a  gas di ultima generazione.

Oltre alle spese necessarie per l’esecuzione dei lavori, ai fini della detrazione è possibile considerare anche le spese per la progettazione e le altre prestazioni professionali connesse, le spese per prestazioni professionali comunque richieste dal tipo di intervento.

 Tutti questi lavori permettono di godere della detrazione fiscale al 50% per ristrutturazione anche se eseguiti su parti comuni di edifici residenziali intendendo per tali ad esempio le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, i portici, i cortili, tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune fino ai locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi. E’ possibile ottenere l’agevolazione al 50% anche se vengono eseguiti interventi di manutenzione ordinaria – ad esempio la sostituzione di pavimenti,  la tinteggiatura di pareti, soffitti, il rifacimento di intonaci interni, l’impermeabilizzazione di tetti e terrazze, la verniciatura delle porte dei garage – sulle parti comuni.

Tali lavori di manutenzione ordinaria sono agevolabili con la detrazione fiscale al 50% fino al 31 dicembre 2024 solo se eseguiti su parti comuni di edifici residenziali o su singoli appartamenti ma in quest’ultimo caso solo se rientrano in un intervento più grande. Un esempio fra tutti: se si ristruttura il bagno di casa e si tinteggiano le pareti di casa si potrà fruire per entrambi i lavori della detrazione fiscale al 50%.

Per gli interventi effettuati sulle parti comuni degli edifici residenziali le detrazioni spettano a ogni singolo condomino in base alla quota millesimale di proprietà. E’ l’amministratore che rilascia una certificazione dalla quale risultano, tra le altre cose, l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento e la quota parte millesimale imputabile al condomino. I condomini minimi, ossia quelli che non avendone l’obbligo, non hanno nominato un amministratore e non possiedono un codice fiscale, possono ugualmente beneficiare della detrazione per i lavori di ristrutturazione delle parti comuni. A tal proposito, l’Agenzia delle entrate ha precisato che il pagamento deve essere sempre effettuato mediante l’apposito bonifico bancario/postale e in assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti riporteranno nei modelli di dichiarazione le spese sostenute indicando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il bonifico. In sede di controllo si dovrà dimostrare che gli interventi sono stati effettuati sulle parti comuni dell’edificio

Gli adempimenti richiesti

Per usufruire della detrazione al 50% per la ristrutturazione, è necessario pagare le spese detraibili tramite bonifico bancario o postale, da cui devono risultare:

  • la causale del versamento,
  • il codice fiscale del soggetto beneficiario della detrazione
  • il codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento.

Per gli interventi realizzati sulle parti comuni condominiali, oltre al codice fiscale del condominio è necessario indicare quello dell’amministratore o di altro condomino che effettua il pagamento. Al momento del pagamento del bonifico, banche e Poste Italiane Spa devono operare una ritenuta dell’8% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori.

Se i lavori sono stati pagati aprendo un finanziamento, si potrà ugualmente richiedere l’agevolazione al 50% a condizione che la società che concede il finanziamento paghi l’impresa che ha eseguito i lavori con bonifico bancario o postale da cui risultino tutti i dati previsti dalla legge (causale del versamento con indicazione degli estremi della norma agevolativa, codice fiscale del soggetto per conto del quale è eseguito il pagamento, numero di partita Iva del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

Ma non solo pagamenti tracciabili. Per i lavori di ristrutturazione che comportano risparmio energetico e utilizzo di fonti rinnovabili vige anche l’obbligo di trasmettere all’Enea le informazioni sui lavori effettuati, analogamente a quanto già previsto per la riqualificazione energetica degli edifici. Gli interventi soggetti all’obbligo sono quelli effettuati per il conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia. Rientra tra i lavori agevolabili, per esempio, l’installazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, in quanto basato sull’impiego della fonte solare e, quindi, sull’impiego di fonti rinnovabili di energia. Tale impianto- come ricorda l’Agenzia delle Entrate nella sua guida on line dedicata alla detrazione per ristrutturazione – deve essere installato per far fronte ai bisogni energetici dell’abitazione (cioè per usi domestici, di illuminazione, alimentazione di apparecchi elettrici, eccetera) e, quindi, che lo stesso sia posto direttamente al servizio dell’abitazione.

C’è da precisare che secondo l’Agenzia delle entrate, la mancata o tardiva trasmissione della comunicazione all’Enea non implica, comunque, la perdita del diritto alle detrazioni fiscali.

Una volta pagati i lavori e, a seconda dei lavori, effettuata la comunicazione all’Enea, occorre conservare ed esibire a richiesta degli uffici i seguenti documenti:

  • le abilitazioni amministrative in relazione alla tipologia di lavori da realizzare (concessione, autorizzazione o comunicazione di inizio lavori). Se queste abilitazioni non sono previste è sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà
  • domanda di accatastamento per gli immobili non ancora censiti
  • ricevute di pagamento dell’Imu,se dovuta
  • delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori e tabella millesimale di ripartizione delle spese per gli interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali
  • comunicazione preventiva contenente la data di inizio dei lavori  da inviare all’Azienda sanitaria locale,  se obbligatoria secondo le disposizioni in materia di sicurezza dei cantieri
  • fatture e ricevute fiscali relative alle spese effettivamente sostenute
  • ricevute dei bonifici di pagamento.

Detrazione al 50%: cosa succede in caso di vendita, morte e finita locazione

La detrazione fiscale si ripartisce in 10 quote annuali, Cosa succede se l’immobile viene venduto prima dei 10 anni? O se il contribuente beneficiario muore? O se i lavori di ristrutturazione sono eseguiti dall’inquilino e finisce la locazione?

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che in caso di vendita dell’immobile, il venditore può scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all’acquirente (persona fisica) dell’immobile. Tuttavia, se nell’atto di compravendita non si chiarisce questo aspetto, il beneficio viene automaticamente trasferito all’acquirente dell’immobile.

In caso di decesso dell’avente diritto, la detrazione fiscale non fruita in tutto o in parte è trasferita, per i rimanenti periodi d’imposta, esclusivamente all’erede o agli eredi che conservano la “detenzione materiale e diretta dell’immobile”. L’erede però deve detenere l’immobile sempre nel senso che se lo concede in comodato o in locazione, non potrà fruire delle rate di detrazione di competenza degli anni in cui non ha più la detenzione materiale e diretta del bene.

Infine, la finita locazione o comodato non fa venir meno il diritto all’agevolazione dell’inquilino o del comodatario che ha eseguito gli interventi, il quale continuerà a fruire della detrazione fino alla conclusione del periodo di godimento.

Cessione del credito e opzione per il contributo sotto forma di sconto

Fino al 2024 chi sostiene le spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia può optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari
  • per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari

In pratica, con un accordo tra committente e imprese (o terzi, banche comprese) si può cedere l’importo relativo alla spesa sostenuta. Per cedere o scontare il beneficio, dal 12 novembre 2021 occorre munirsi dell’asseverazione prezzi e del visto di conformità, fatta eccezione per gli interventi realizzati in edilizia libera sulle singole unità immobiliari o sulle parti comuni dell’edificio (secondo le norme statali o regionali) e per quelli di importo complessivo non superiore a 10mila euro.

Inoltre si precisa che il credito di imposta può essere ceduto una sola volta. Ciò significa in sostanza che il beneficiario della detrazione potrà ancora cedere il credito ad altri soggetti, compresi banche e intermediari finanziari, ma questi non potranno cederlo a loro voltaStessa cosa è prevista per lo sconto in fattura. Così i fornitori e le imprese che fanno i lavori e che praticano lo sconto in fattura potranno recuperare lo sconto sotto forma di credito d’imposta e cederlo una sola volta ad altri soggetti, compresi banche e intermediari finanziari, ma essi non potranno cederlo a loro volta.

La disciplina Iva per manutenzione ordinaria e straordinaria

 Quando si parla di ristrutturazione, occorre fare menzione anche alla disciplina dell’Iva. In particolare la legge prevede che si applichi l’aliquota Iva al 10% in caso di:

  • manutenzione ordinaria– come ad esempio la riparazione o sostituzione delle finiture degli edifici, la sostituzione di pavimenti, infissi e serramenti, la tinteggiatura di pareti, soffitti, infissi interni ed esterni, il rifacimento di intonaci interni, l’impermeabilizzazione di tetti e terrazze, la verniciatura delle porte dei garage
  • manutenzione straordinaria– realizzazione e miglioramento dei servizi igienici, costruzione di scale interne, frazionamento o accorpamento di unità immobiliari senza modificare la volumetria e la destinazione d’uso

L’aliquota al 10% trova applicazione per tali lavori sulle prestazione di servizi. Cosa significa? Che sui lavori eseguiti dall’impresa si applica l’Iva al 10%.

L’applicazione di un’aliquota IVA ridotta non è però automatica. Deve essere il richiedente che consegna all’impresa o al venditore una dichiarazione con la quale si assume la responsabilità in merito ai lavori realizzati e all’aliquota IVA da utilizzare. Nel caso in cui al committente viene addebitata una fattura con l’IVA al 22% invece che al 10%, si può chiedere il rimborso all’impresa che a sua volta, fattura e bonifico alla mano, dovrà inviare questa istanza all’Agenzia delle entrate entro 2 anni dalla data in cui è stato pagato il bonifico relativo alla fattura con l’IVA al 22%.

Per l’acquisto dei materiali necessari per eseguire i lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria, si paga un’aliquota IVA ridotta? Le cessioni di beni sono soggette all’aliquota Iva ridotta al 10%, solo se la relativa fornitura è posta in essere nell’ambito del contratto di appalto. Cosa significa? In sostanza che i beni devono essere acquistati dalla ditta che esegue i lavori e non dal privato che commissiona l’intervento di manutenzione sull’immobile di proprietà. La ditta acquista i beni ed emette fattura in cui verrà addebitato al committente il costo dei materiali e la propria opera, con l’IVA al 10%.

Se il committente acquista direttamente i materiali o i beni allora non potrà godere dell’aliquota Iva agevolata. Così ad esempio se si decide di tinteggiare la casa da soli senza chiamare alcuna imprese, non si potrà avere l’IVA agevolata per l’acquisto di vernici ed attrezzi al 10, bensì ma al 22%. L’Iva agevolata non si applica neanche alle prestazioni professionali, anche se effettuate nell’ambito degli interventi finalizzati al recupero edilizio – quindi sulla parcella del geometra, architetto o ingegnere che ha seguito i lavori si applica l’Iva al 22%.

Tuttavia, quando l’appaltatore fornisce beni di valore significativo, l’aliquota ridotta si applica ai predetti beni soltanto fino a concorrenza del valore della prestazione considerato al netto del valore dei beni stessi. Tale limite di valore deve essere individuato sottraendo dall’importo complessivo della prestazione, rappresentato dall’intero corrispettivo dovuto dal committente, il valore dei beni significativi. I beni significativi, ai sensi del Decreto 29 dicembre 1999, sono:

  • ascensori e montacarichi
  • infissi esterni e interni
  • caldaie
  • video citofoni
  • apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria
  • sanitari e rubinetteria da bagni
  • impianti di sicurezza.

Su tali beni significativi, quindi, l’aliquota agevolata del 10% si applica solo sulla differenza tra il valore complessivo della prestazione e quello dei beni stessi. Per capire facciamo un esempio in relazione ad un intervento di manutenzione straordinaria che costa in totale 15mila euro, di cui 10mila per la prestazione lavorativa della ditta che ha eseguito i lavori e 5mila il costo dei beni significativi come la rubinetteria e sanitari. Sui 5mila euro del costo dei beni significativi, l’Iva al 10% si applica solo sulla differenza tra l’importo complessivo dell’intervento e quello degli stessi beni significativi (15.000 – 5.000 = 10.000). Sul valore residuo (5.000 euro) si applicherà invece l’aliquota ordinaria al 22%.

Iva lavori di restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione

Passando ai lavori di restauro e risanamento conservativo ( come ad esempio l’eliminazione e alla prevenzione di situazioni di degrado, l’adeguamento delle altezze dei solai nel rispetto delle volumetrie esistenti fino all’apertura di finestre per esigenze di aerazione dei locali) e di ristrutturazione (come la modifica della facciata dell’immobile, la realizzazione di una mansarda o di un balcone o l’apertura di nuove porte e finestre) è prevista sempre l’aliquota Iva del 10% su:

  • prestazioni di servizi relativi alla realizzazione degli interventi
  • l’acquisto di beni forniti per la realizzazione degli stessi interventi di restauro, risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia (ad esempio pitture, laterizi, ecc.)
  • forniture dei cosiddetti beni finiti.

beni finiti sono quelli che, benché incorporati nella costruzione, conservano la propria individualità. Sono beni finiti su cui si applica l’Iva al 10% ad esempio porte, infissi esterni e sanitari (lavandini, vasche, ecc). L’agevolazione spetta sia quando l’acquisto è fatto direttamente dal committente dei lavori, sia quando ad acquistare i beni è la ditta o il prestatore d’opera che li esegue. Non si applica l’Iva ridotta però alle materie prime e semilavorati quali mattoni, maioliche, piastrelle, chiodi, tondini di ferro, calce, gesso, cemento, ecc.

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