L’ascensore in condominio: che cosa dice la legge

Come si contano le spese per l'ascensore in condominio? Si può rinunciare all'installazione di uno nuovo se l'assemblea ha deliberato? Che maggioranza serve?

Redazione
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il 15/09/2022 Aggiornato il 15/09/2022
L’ascensore in condominio: che cosa dice la legge

Ascensore condominiale

L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di ascensori, ma quasi la metà di essi ha più di 30 anni e la maggior parte è sprovvista di sistemi di sicurezza all’avanguardia. Un problema non da poco per l’amministratore di condominio, che è il responsabile della manutenzione degli impianti comuni. Per evitare rischi, tale professionista è tenuto a stipulare un contratto con un’azienda regolarmente iscritta alla Camera di Commercio che, solitamente ogni sei mesi, ha il compito di eseguire i controlli periodici e – almeno con cadenza biennale – verificare il funzionamento dell’impianto. Per essere considerato in regola, un ascensore deve inoltre rispettare determinati requisiti, anche se l’adeguamento normativo è obbligatorio soltanto per gli impianti costruiti prima del 1999, ossia prima dell’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 162/1999 (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 2014/33/UE, relativa agli ascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori, nonché per l’esercizio degli ascensori).

Il codice civile, all’art. 1117 sulle parti comuni dell’edificio, specifica che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani, o porzioni di piani di un edificio; se il contrario non risulta dal titolo, anche le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condòmini.

Ascensori nuovi: dimensioni a norma

Negli impianti moderni, la cabina deve misurare almeno L 95 x P 130 cm, anche se in alcuni casi sono considerate in regola cabine di L 80 x P 120 cm. Le porte (di cabina e del piano) devono essere a scorrimento automatico o ad anta incernierata, in quest’ultimo caso dotate di sistema per l’apertura automatica. Le porte automatiche devono rimanere aperte almeno 8 secondi. Bottoniere e pulsanti – interni ed esterni – vanno posizionati ad H compresa tra 110 e 140 cm.

Ascensore di impianto originario: è di tutti

Qualora l’ascensore sia stato realizzato contestualmente allo stabile, appartiene a tutti i condòmini, che contribuiscono alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria. Responsabile della manutenzione, al pari delle altre parti comuni, resta sempre l’amministratore. L’articolo 1124 del Codice civile prevede, infatti, che «le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo». Inoltre, «al fine del concorso nella metà della spesa, ripartita in base al valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune». I condòmini non possono rinunciare all’utilizzo dell’ascensore originario, ed è lo stesso Codice (art. 1118) a prevederlo: «Il condòmino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni» e «non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni.

Nuovo ascensore: quale maggioranza serve per decidere l’installazione?

“L’aggiunta dell’ascensore in uno stabile che ne è privo va deliberata in assemblea”. Nel caso in cui lo stabile sia stato costruito senza ascensore e successivamente i condòmini decidano di installarne uno ex novo, tale intervento rientra fra le “innovazioni” previste dall’articolo 1120 del Codice Civile e, di norma, per il via libera sarebbe necessario un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno i 2/3 del valore dell’edificio.

L’ascensore, però, è un’opera che elimina le barriere architettoniche e, in ragione di ciò, l’assemblea può deliberare con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, che rappresenti almeno i 500 millesimi. L’amministratore ha il compito di convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta d’installazione, che può essere avanzata anche da un solo condòmino. Tale richiesta deve indicare con precisione contenuto specifico e modalità di esecuzione dell’intervento. «In mancanza – recita l’articolo 1120 del Codice civile – l’amministratore deve invitare senza indugio il condòmino proponente a fornire le necessarie integrazioni». Il costo d’installazione va ripartito tra i condòmini comproprietari in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà, mentre per le spese di manutenzione si applica il criterio contenuto nell’articolo 1124 del Codice.

Nuovo ascensore: si può rinunciarvi?

Oltre a essere un’innovazione “agevolata”, l’ascensore è anche un’innovazione “gravosa”, in quanto il costo dell’intervento è economicamente considerevole e alcuni condòmini potrebbero avere delle difficoltà nel contribuire alla realizzazione dell’opera. Per questo motivo, l’articolo 1121 del Codice civile prevede che i condòmini che non intendono usufruire dell’ascensore possono essere esonerati dalla spesa, rinunciando all’uso dell’impianto. La norma dispone comunque che i condòmini e i loro eredi, o aventi causa, possono, in qualsiasi momento, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera. Ciò significa che coloro che inizialmente hanno detto di no possono ripensarci e diventare anch’essi proprietari dell’impianto, versando al condominio la quota spettante, calcolata in proporzione ai millesimi di proprietà e tenendo conto della rivalutazione monetaria e del deprezzamento del bene.

In tema di barriere architettoniche

Come visto, l’ascensore è uno di quegli interventi volti a eliminare le barriere architettoniche e, per questo motivo, per deliberarne l’installazione è sufficiente un quorum agevolato (maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi), a prescindere dalla presenza o meno nello stabile di persone disabili. Può capitare, però, che l’assemblea non raggiunga la maggioranza necessaria: in questo caso il condòmino disabile – entro tre mesi dalla richiesta – può installare a sue spese l’impianto, ma anche un servoscala e tutte quelle strutture mobili e facilmente removibili.

Lo stesso condòmino, inoltre, è legittimato a modificare l’ampiezza delle porte d’ingresso all’edificio, all’ascensore o alle rampe del garage. In effetti, l’articolo 3 della Legge 13/1989 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) prevede la possibilità di deroga alle distanze legali contenute nei regolamenti edilizi.

Ascensore all’esterno: sì, anche se riduce la veduta

In alcuni edifici la conformazione del vano scale non rende possibile l’aggiunta dell’ascensore e ai condòmini non resta che installare un impianto esterno, da posizionare nel cortile dello stabile. L’intervento potrebbe pregiudicare le vedute di alcuni condòmini, ma su questo punto la Corte di Cassazione (sentenza 30.838/2019) ha osservato che serve tenere conto «del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati». E quindi «ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell’edificio condominiale».

In collaborazione con Confappi-FNA-Federamministratori – http://www.fna.it

 

Tratto da Cose di Casa cartaceo di febbraio 2022

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