Fibra ottica in condominio

La fibra ottica è obbligatoria nelle nuove costruzioni e quando c'è una ristrutturazione profonda. Nulla può impedire i lavori di installazione.

Marco Panzarella
A cura di Marco Panzarella
Pubblicato il 23/02/2020 Aggiornato il 02/03/2020
Fibra ottica in condominio

È una dotazione obbligatoria per tutti i nuovi edifici. Il decreto Sblocca Italia 133/2014, infatti, ha introdotto l’articolo 135-bis nel Testo unico sull’edilizia che ha disposto come gli edifici di nuova costruzione, «per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate dopo il 1° luglio 2015, devono essere equipaggiati con un’infrastruttura fisica multiservizio passiva, interna all’edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica, fino ai punti terminali di rete». E ancora: «tutti gli edifici di nuova costruzione, per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate dopo il 1° luglio 2015, devono essere equipaggiati di un punto di accesso.

Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal 1° luglio 2015, in caso di opere di ristrutturazione profonda che richiedano il rilascio di un permesso di costruire». Il decreto 33/2016, conosciuto anche come “banda larga” o “fibra ottica”, a sua volta ha introdotto norme che puntano a favorire l’installazione di reti Internet ad alta velocità, semplificando la procedura di scavo e posa della fibra ottica, nonché incentivando l’utilizzo condiviso delle infrastrutture esistenti.

 

Normativa sulla fibra ottica

Il tema della fibra ottica è disciplinato dall’art. 135-bis del Testo unico sull’edilizia (introdotto dal decreto Sblocca Italia 133/2014) e dal Decreto 33/2016 “banda larga”. A questi si aggiungono il dlgs 18/5/2018 n. 65, che attua la direttiva Ue 2016/1148, e il decreto legge 135/2018 (convertito in “legge 11 febbraio 2019, n. 12 – semplificazioni – fibra ottica”).

Il dlgs 18 maggio 2018, n. 65 ha dato attuazione alla direttiva Ue 2016/1148 in tema di sicurezza delle reti, mentre il decreto legge n. 135 del 2018 ha introdotto alcune disposizioni per la semplificazione delle procedure relative al dispiegamento delle reti, intervenendo sui criteri fissati dal dlgs 33/2016.

Connessione ad alta velocità

La volontà dell’Unione europea in tema di connessione Internet ad alta velocità è chiara da tempo: favorire la diffusione di reti performanti e consentire al maggior numero possibile di cittadini residenti negli stati membri di connettersi e accedere alle informazioni del web. In particolare, entro il 2020 l’Unione europea intende assicurare la banda larga veloce (pari o superiore a 30 Megabyte per secondo) a tutti i cittadini e la banda larga ultraveloce (più di 100 Mbps) ad almeno il 50% degli utenti “domestici” europei.

Per raggiungere questi obiettivi, il decreto legge 135/2018 ha introdotto alcune disposizioni che semplificano le procedure di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere civili necessarie alla posa dei cavi delle reti ultraveloci. Così, per esempio, purché si utilizzino tecnologie a basso impatto, è possibile fare a meno della procedura di verifica preventiva dell’impatto archeologico. Inoltre, negli edifici privati (a eccezione degli stabili tutelati come beni culturali), i lavori di posa dei cavi Internet sono equiparati ai lavori di manutenzione straordinaria urgente previsti dall’articolo 1135 del Codice civile.

Di conseguenza, l’amministratore di condominio può disporre gli interventi necessari alla realizzazione di infrastrutture interne ed esterne all’edificio, finalizzate a portare la rete fino alle abitazioni degli abbonati (anche a un unico condomino), senza il parere dell’assemblea.

Non ci si può opporre
In sostanza, la legge obbliga il condominio, in quanto gestore dell’infrastruttura fisica, a consentire agli operatori di rete (chi vende la connessione Internet) di accedere allo stabile. A meno che non si verifichino le seguenti condizioni:

  1. l’infrastruttura fisica non è idonea a ospitare elementi di reti ad alta velocità
  2. assenza di spazio
  3. possibile rischio per l’incolumità, la sicurezza e la sanità pubblica, nonché rischio per l’integrità e la sicurezza delle reti e delle infrastrutture critiche nazionali o, ancora, rischio di grave interferenza dei servizi di comunicazione erogati mediante la stessa infrastruttura fisica
  4. possibilità di installare, a condizioni più favorevoli, mezzi alternativi di accesso all’infrastruttura fisica, adatti all’alta velocità.

Accesso alle proprietà private

Il dlgs 22/2016, all’articolo 8, prevede che «in assenza di un’infrastruttura interna all’edificio predisposta per l’alta velocità, gli operatori di rete hanno il diritto di far terminare la propria rete nella sede dell’abbonato, a condizione di aver ottenuto l’accordo dell’abbonato e purché provvedano a ridurre al minimo l’impatto sulla proprietà privata di terzi».
Di conseguenza, il singolo utente condominiale che ha intenzione di installare la fibra ottica all’interno del proprio appartamento può iniziare l’iter senza il necessario permesso dell’assemblea o dell’amministratore, che è sempre preferibile informare in quanto i lavori potrebbero arrecare disagi agli altri residenti.
ll vero problema, però, si pone quando per arrivare all’appartamento del condomino i cavi della fibra ottica devono obbligatoriamente transitare da proprietà altrui.
Sul punto valgono le disposizioni degli articoli 90, 91 e 92 del Codice delle comunicazioni elettroniche (dlgs 259/2003), secondo cui gli impianti di reti di comunicazione elettronica a uso pubblico hanno carattere di pubblica utilità. In particolare, l’articolo 90 prevede che «gli impianti di reti di comunicazioni elettronica
e le opere accessorie, di uso esclusivamente privato, possono essere dichiarati di pubblica utilità con decreto del Ministro dello sviluppo economico, ove concorrano motivi di pubblico interesse».
Il successivo articolo 91, oltre a disporre che i fili o cavi senza appoggio possono passare, anche senza il consenso del proprietario, sia al di sopra delle proprietà pubbliche o private, sia dinanzi a quei lati di edifici ove non vi siano finestre od altre aperture praticabili a prospetto», aggiunge che «il proprietario, o il condominio,
non può opporsi all’appoggio, nell’immobiledi sua proprietà, di antenne, di sostegni, nonché al al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini», a condizione che fili e cavi siano collocati in modo tale da non impedire «il libero uso della cosa secondo la sua destinazione».

Parti comuni e servitù di passaggio

Riguardo all’installazione della fibra, sempre l’articolo 91 specifica che «il proprietario è tenuto a sopportare il passaggio nell’immobile di sua proprietà del personale dell’esercente il servizio che dimostri la necessità di accedervi per l’installazione, riparazione e manutenzione degli impianti». Aggiunge poi che «l’operatore di comunicazione, durante la fase di sviluppo della rete in fibra ottica, può in ogni caso accedere a tutte le parti comuni degli edifici al fine di installare, collegare e manutenere gli elementi di rete, cavi, fili, riparti, linee o simili apparati privi di emissioni elettromagnetiche a radiofrequenza».
La norma sottolinea che «il diritto di accesso è consentito anche nel caso di edifici non abitati e di nuova costruzione» e, con riferimento all’operatore di comunicazione, dispone che «questi ha l’obbligo, d’intesa con le proprietà condominiali, di ripristinare, a proprie spese, le parti comuni degli immobili oggetto di intervento nello stato precedente i lavori e si accolla gli oneri per la riparazione di eventuali danni arrecati». Ancora più interessante il contenuto dell’articolo 92, che si sofferma sulle servitù occorrenti al passaggio con appoggio dei fili, cavi e impianti «sul suolo, nel sottosuolo o sull’area soprastante». La norma dispone che tali servitù sono imposte, in mancanza del consenso del proprietario.
Le disposizioni contenute nel Codice delle comunicazioni non lasciano spazio a fraintendimenti, eppure la giurisprudenza amministrativa ritiene che il consenso del proprietario del fondo su cui devono transitare i cavi dell’altro condomino sia sempre necessario. A tale posizione si aggiunge quella della Corte di Cassazione, secondo la quale, in assenza di un contratto o di un atto amministrativo autoritativo, l’appoggio di cavi o antenne configura una lesione del diritto di proprietà e, di conseguenza, il privato è legittimato a chiedere i danni.

In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it

 

Tratto da Cose di Casa cartaceo di agosto 2019 

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