Diritto di abitazione: che cos’è

Scopri cosa significa diritto di abitazione e quale norma del codice civile disciplina questo istituto.

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello
Pubblicato il 25/11/2025Aggiornato il 25/11/2025
Diritto di abitazione: che cos’è

Quando si parla di proprietà immobiliari e successioni ereditarie, uno dei concetti che genera più dubbi è il diritto di abitazione. Si tratta di un istituto previsto dal Codice Civile e capirne il significato è utile anche nella vita quotidiana, perché può riguardare famiglie, coniugi, conviventi o situazioni successive a una successione.  

Diritto di abitazione: che cosa significa

Il diritto di abitazione è il diritto riconosciuto a una persona di vivere all’interno di una casa che non è di sua proprietà, insieme alla propria famiglia, e di utilizzarla come abitazione principale.

È quindi un diritto che permette di abitare un immobile senza dover pagare affitto e senza dover avere il permesso al proprietario.

Tuttavia, è importante chiarire un aspetto fondamentale: il diritto di abitazione è un diritto personale, cioè legato esclusivamente alla persona cui è stato riconosciuto, e non può essere venduto, ceduto o affittato.

Chi ne è titolare può solo vivere nell’immobile; non può ricavarne un reddito, né trasferire il diritto ad altri.

Che cosa dice la legge

Il diritto di abitazione è disciplinato dal Codice Civile, in particolare negli articoli 1022 – 1026, che regolano il contenuto, i limiti e la durata di questo diritto.

Secondo l’art. 1022 c.c., il titolare del diritto di abitazione può abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.

Gli articoli successivi specificano che:

  • Non può affittare o cedere il diritto (art. 1024 c.c.)
  • Il diritto è personale e non si trasmette agli eredi (art. 1026 c.c.)
  • Alla fine del diritto, l’immobile torna pienamente nella disponibilità del proprietario (art. 1025 c.c.)

Un caso molto diffuso: il coniuge superstite

Uno dei contesti in cui si incontra più spesso questo diritto è quello della successione. Quando uno dei due coniugi viene a mancare, la legge italiana prevede automaticamente che il coniuge superstite possa continuare ad abitare nella casa dove viveva la coppia, anche se la proprietà dell’immobile passa – in tutto o in parte – ai figli o ad altri eredi.

Questo significa che:

  • la proprietà effettiva può cambiare
  • il coniuge non può essere obbligato a lasciare l’abitazione e può continuare a usarla con serenità e senza costi.

È una tutela molto importante per garantire continuità e stabilità familiare, soprattutto nei casi in cui la casa rappresenta non solo un bene materiale ma anche memoria e radici.

Pro e contro del diritto di abitazione

Il diritto di abitazione, come ogni istituto giuridico, presenta aspetti positivi ma anche alcuni limiti da considerare. Conoscerli aiuta a capire se e quando questo diritto risponde davvero alle esigenze della persona coinvolta.

Vantaggi

  • Garantisce la possibilità di continuare a vivere nella propria casa: la persona che ha il diritto di abitazione può continuare a vivere nella casa, senza rischiare sfratti o pressioni da parte dei proprietari, anche se questi cambiano nel tempo.
  • Nessun costo di affitto o canone: chi gode del diritto di abitazione non paga affitto, perché il diritto nasce per soddisfare un’esigenza primaria: avere un’abitazione. Questo può rappresentare un risparmio economico importante e costante nel tempo.
  • Tutela del coniuge superstite: specialmente dopo il decesso di un partner, il diritto di abitazione garantisce protezione e continuità. Il coniuge non rischia di ritrovarsi improvvisamente senza casa anche se la proprietà passa agli eredi.
  • Diritto personale e non pignorabile: poiché è un diritto legato direttamente alla persona, di norma non può essere pignorato e non può essere venduto o ceduto. Questo lo rende un diritto particolarmente stabile.

Svantaggi

  • Non può essere affittato o ceduto: uno dei principali limiti è che il titolare del diritto non può trarne reddito. Non può affittare la casa, subaffittarla o trasferire questo diritto a qualcun altro. È un diritto “da usare”, non da gestire economicamente.
  • Valore economico limitato: rispetto ad altri diritti reali, come l’usufrutto, il diritto di abitazione ha un valore economico molto più ridotto. Per questo, in sede di divisioni familiari o successioni, talvolta può risultare penalizzante rispetto ad altre soluzioni.
  • Possibili conflitti con gli altri proprietari: quando la proprietà dell’immobile è di più persone (ad esempio tra fratelli eredi), il diritto di abitazione può diventare fonte di incomprensioni e tensioni; chi abita nella casa non paga affitto e può usarla liberamente, mentre gli altri proprietari non possono farne uso né ricavarne reddito.
  • È un diritto che termina con la vita della persona: il diritto di abitazione non si trasmette agli eredi. Alla morte del titolare, l’immobile torna pienamente nella disponibilità dei proprietari. Questo può imporre cambiamenti improvvisi per chi viveva con la persona titolare ma non aveva titolo.

La differenza tra diritto di abitazione e usufrutto

Molto spesso, il diritto di abitazione viene confuso con l’usufrutto, che però è un diritto più esteso. L’usufruttuario può vivere nell’immobile, ma ha anche la possibilità di affittarlo e trarne un reddito. Ha quindi un margine di gestione molto più ampio. Il titolare del diritto di abitazione, invece, può solo abitare la casa. Non può darle un utilizzo diverso da quello abitativo. 

Durata e rinuncia 

Nella maggior parte dei casi, il diritto di abitazione dura per tutta la vita di chi lo detiene. Può però essere anche temporaneo, se stabilito per contratto o tramite accordo tra privati

La persona che ha questo diritto può anche rinunciarvi, ad esempio se decide di trasferirsi altrove. La rinuncia deve essere esplicita e, una volta formalizzata, la casa torna a essere pienamente nella disponibilità del proprietario.

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