Decreto Salva Casa 2024: che cosa permette di sanare? Dai mini appartamenti alla vetrate panoramiche

Che cosa è cambiato con le misure approvate dall'entrata in vigore del Decreto Salva Casa? Vediamo le più rilevanti.

Alessandra Caparello
A cura di Alessandra Caparello
Pubblicato il 11/09/2024 Aggiornato il 12/09/2024
decreto salva casa

Dai mini appartamenti ai lavori in edilizia libera, passando per le tolleranze costruttive: è ampio il ventaglio di interventi che è possibile effettuare grazie al Decreto Salva Casa.

Il Decreto-legge 29 maggio 2024 n. 69, come convertito dalla legge di conversione, apporta diverse modifiche al DPR n. 380/2001 “Testo Unico Edilizia”. Queste modifiche mirano a semplificare la normativa esistente, ad esempio attraverso un nuovo regime delle tolleranze più ampio nonché misure specifiche per facilitare la vendita degli immobili, come nuove modalità per dimostrare lo stato legittimo, e una sanatoria semplificata per molte difformità.

Vediamo nei dettagli cosa si può fare oggi sfruttando le norme previste dal Decreto Salva Casa come illustrato da una guida ad hoc dell’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili.

Tende da sole e pergotende in edilizia libera

Il Decreto Salva Casa prevede inoltre che è ammessa, in regime di edilizia libera, l’installazione di:

  • tende
  • tende da sole,
  • tende da esterno
  • tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile,
  • opere caratterizzate da elementi di protezione solare mobili o regolabili.

Tutte devono essere addossate o annesse agli immobili o alle unità immobiliari anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. Inoltre non devono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso con conseguente variazione di volumi e superfici e devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente. Infine devono essere in armonia con le preesistenti linee architettoniche.

Via libera ai mini appartamenti

La superficie minima affinché un monolocale (unità immobiliare composta da una singola stanza più bagno) sia considerato abitabile scende da 28 a 20 mq, fermo restando il rispetto di tutti gli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa. Nel caso però l’alloggio sia destinato a due persone, l’estensione minima (sempre comprensiva dei servizi) deve essere pari a 28 mq. Si riduce anche l’altezza minima interna dei locali, che passa da 2,70 a 2,40 metri.

Il Decreto Salva Casa ha introdotto una norma finalizzata a facilitare le operazioni di recupero su immobili non aventi i requisiti necessari ai fini dell’agibilità. In sostanza al tecnico progettista è data la possibilità di asseverare la conformità del progetto ai fini dell’agibilità nei seguenti casi:

– locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri

– alloggio mono stanza, per una persona, con una superficie minima, comprensiva di servizi, inferiore a 28 mq, fino al limite massimo di 20 mq; per due persone, inferiore a 38 mq, fino al limite massimo di 28 mq.

Per poter procedere con l’asseverazione è necessario che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

– il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal D. Min. LL.PP. 14/06/1989, n. 236 per il superamento delle barriere architettoniche;

 – almeno una delle seguenti ulteriori condizioni: i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie; oppure sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

Chiusure logge e porticati con le Vepa

Le Vepa, ossia le Vetrate panoramiche scorrevoli possono già essere oggi installate in regime di edilizia libera, ossia senza necessità di chiedere alcun titolo abilitativo. Con il Decreto Salva Casa, viene ulteriormente ampliata la possibilità di effettuare le chiusure con VEPA  senza necessità di titolo edilizio. In particolare possono essere installate senza necessità di chiedere alcuna autorizzazione le VEPA (vetrate panoramiche scorrevoli) su:

  • logge rientranti all’interno dell’edificio
  • porticati, a eccezione dei porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti le aree pubbliche.

Per “logge” si intende un “elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più vani interni”, mentre per  “porticati” si intendono “tutti gli elementi edilizi coperti al piano terreno degli edifici, intervallati da colonne o pilastri aperti su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio”.

Eccezione è fatta per i  porticati, che, seppur di proprietà privata risultino gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o siano collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche. In queste situazioni è necessario agire chiedendo permessi e autorizzazioni.

È bene ricordare che le opere di chiusura con le VEPA sono soggette ad una serie di prescrizioni. In particolare devono infatti:

 – essere amovibili e totalmente trasparenti;

 – assolvere funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, di miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, di riduzione delle dispersioni termiche, di parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche;

– non dare vita a spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici che possano generare nuova volumetria;

– non comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile;

– favorire una naturale micro-aerazione dei vani interni domestici;

 – avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche.

Occorre precisare che, come per gli interventi ammessi al regime di edilizia libera, anche per le VEPA e le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, è necessario rispettare in ogni caso le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, nonché le normative di settore tra cui, in particolare, le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico fino alle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggi.

Le tolleranze edilizie per difformità contenute

Il Decreto Salva Casa modifica le tolleranze costruttive (ossia le difformità architettoniche consentite) entro determinati limiti, che quindi non configurano una violazione. Nel caso in cui gli scostamenti, rispetto alle misure previste dalla legge, risultino tollerati, i tecnici abilitati possono attestare la legittimità dell’immobile.

Il Decreto che introduce i nuovi limiti di tolleranza costruttiva offre un’importante novità in termini di sanatoria per difformità edilizie di lieve entità, semplificando la gestione di piccole irregolarità rispetto ai progetti originali depositati in catasto. Questo significa che alcune difformità non saranno più considerate violazioni edilizie se rientrano nei nuovi limiti di tolleranza stabiliti dalla legge. I limiti variano in base alla superficie abitativa dell’immobile:

  • 2% per immobili sopra i 500 metri quadrati.
  • 3% per immobili tra i 300 e i 500 metri quadrati.
  • 4% per immobili tra i 100 e i 300 metri quadrati.
  • 5% per immobili tra i 60 e i 100 metri quadrati.
  • 6% per immobili sotto i 60 metri quadrati.

Volendo fare qualche esempio, oggi non costituiranno più violazioni edilizie se contenute entro i limiti di tolleranza lo spostamento di finestre o porte di pochi centimetri, il minore dimensionamento dell’edificio rispetto al progetto originale, la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali previsti nel progetto, irregolarità nei muri esterni o interni o nella posizione delle aperture interne fino ad errori progettuali corretti in cantiere o errori materiali nella rappresentazione progettuale.

Difformità in condominio: non è più necessario tenerne conto per riqualificare la singola unità

Con la nuova norma viene anche semplificato il riconoscimento dello stato legittimo di un immobile. Quindi ora, ai fini della conformità di una singola unità rispetto al titolo abilitativo di costruzione o a quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio – fondamentale nelle compravendite in quanto accerta l’assenza di abusi edilizi -, non è più necessario tenere conto, per esempio, di eventuali difformità delle parti comuni dell’edificio. Ciò significa che in presenza di irregolarità condominiali queste non potranno impedire l’eventuale riqualificazione della singola unità. Allo stesso modo, le possibili difformità di un appartamento non inficiano la regolarità dell’intero edificio e per tale motivo non possono in alcun modo essere d’impedimento a interventi di ristrutturazione che riguardino le parti comuni.

Recupero sottotetti

Si semplifica il recupero dei sottotetti ai fini abitativi, nei limiti e secondo le procedure previste dalle leggi regionali, anche quando l’intervento non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini. Il tutto però «a condizione – si legge – che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione».

Con l’obiettivo di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa, il provvedimento agevola maggiormente le operazioni di recupero dei sottotetti già ampiamente regolati a livello regionale. La norma statale specifica che il recupero dei sottotetti è comunque consentito nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale. Ne consegue che varranno ad esempio tutte le condizioni che le Regioni prevedono (es. in tema di definizione di sottotetto; condizioni per la realizzazione degli interventi; disciplina del rapporto aeroilluminante etc…).

Molte Regioni hanno previsto disposizioni diversificate prevedendo in alcuni casi specifiche deroghe alle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali (es. Regione Abruzzo) oppure la possibilità di modificare le quote di colmo e di gronda e con alterazione delle originarie pendenze delle falde di copertura (es. Basilicata) o consentito l’abbassamento dell’ultimo solaio e la conseguente modifica della quota d’imposta (es. Campania).

Il Decreto Salva Casa introduce poi delle deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, consentendo sempre il recupero dei sottotetti anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini a determinate condizioni.

Sanatorie: come si procede e quali sanzioni

È ora possibile ottenere una sanatoria edilizia

  • non solo per le piccole difformità ma anche per le “variazioni essenziali”, per esempio gli aumenti di cubatura.
  • per gli abusi antecedenti il 30 gennaio 1977
  • per le irregolarità non contestate dai Comuni in fase di rilascio del certificato di agibilità.

Il decreto, inoltre, riduce significativamente le sanzioni massime, che passano da oltre 30mila euro a poco più di 10mila.

L’iter prevede la presentazione al Comune di riferimento di una domanda di Permesso di costruire o di una Scia in sanatoria. L’amministrazione – che può condizionare il rilascio della sanatoria a opere che garantiscano la sicurezza dell’immobile – si pronuncia entro 45 giorni per il Permesso di costruire ed entro 30 giorni per la Scia in sanatoria, ma entro 180 giorni se l’immobile è vincolato.

Per il Permesso di costruire in sanatoria i privati sono tenuti a pagare una sanzione pari al doppio del contributo di costruzione; per la Scia in sanatoria la cifra equivale al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, compresa tra 1.032 euro e 10.328 euro.

Il Comune può ordinare la rimozione di opere insanabili in un tempo max (pari a 90 giorni) che può arrivare a 240 giorni, ma solo in caso di comprovate esigenze di salute o gravi situazioni di disagio socio-economico.

Una tabella riassuntiva realizzata dall'Ance sui principali contenuti del decreto Salva Casa.

Principali contenuti del Decreto Salva Casa, una tabella riassuntiva realizzata dall’Ance.

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