Vivere bene in condominio: istruzioni per vivere sereni

Quando un edificio ha più di un proprietario, il rischio che sorgano disaccordi su alcune questioni comuni è reale, anche se la normativa in materia non lascia margine all'interpretazione soggettiva. Ecco come comportarsi in cinque casi comuni.

Redazione
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il 17/04/2023 Aggiornato il 17/04/2023
Vivere bene in condominio: istruzioni per vivere sereni

Che si tratti di un piccolo immobile con due abitazioni o di un condominio con molti appartamenti, per dirimere le controversie che spesso sorgono tra i proprietari o sciogliere dubbi sulle questioni più disparate ci si affida al Codice civile che, in numerosi articoli, affronta tutti questi aspetti e fornisce indicazioni precise alle quali non è possibile sottrarsi. Si aggiungono anche le molte sentenze giuridiche, su casi specifici portati in tribunale, che aiutano ad avere un quadro più chiaro e, soprattutto, ad agire a norma e nell’interesse collettivo (queste restano le priorità assolute). Non vanno dimenticati nemmeno i regolamenti condominiali che rappresentano una guida importante ai comportamenti nella comunità interna. A questo proposito, vale la pena ricordare che ogni condominio con più di dieci partecipanti è obbligato a dotarsi di un regolamento, così che si possa disciplinare la convivenza tra i residenti. Qualora, invece, i condòmini fossero in numero inferiore, l’obbligo decade, anche se nulla vieta ai residenti di mettersi d’accordo e redigere comunque un documento condiviso, considerando che un condominio si forma spontaneamente, senza che sia necessario sottoscrivere un contratto, quando all’interno di un edificio coesistono almeno due proprietari.

* Gli articoli del Codice civile a cui si fa riferimento per le diatribe più comuni in condominio sono:

  • Art. 1117 Parti comuni dell’edificio
  • Art. 1118 Diritti dei partecipanti sulle cose comuni
  • Art. 1122 Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune
  • Art. 1123 Ripartizione delle spese
  • Art. 1129 Nomina e revoca dell’amministratore
  • Art. 1136 Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni

1. Villetta a due piani: rifacimento tetto e ripartizione dei costi

Il tetto funge da copertura dell’intero fabbricato e, a norma dell’articolo 1117 del Codice civile, rientra fra le parti comuni dell’edificio. Di conseguenza – come disposto dall’articolo 1123 del Codice stesso – le spese di manutenzione e rifacimento vanno suddivise fra tutti i condòmini proprietari, in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà. Nel caso della villetta su due livelli, ai fini della ripartizione della spesa, non è nemmeno rilevante se il proprietario dell’appartamento sito al piano superiore abbia accesso al solaio-deposito, per esempio attraverso una botola. E anche se quest’ultimo locale nel sottotetto, comunque non abitabile, fosse di proprietà esclusiva del condòmino del piano superiore, la spesa per ricostruire il tetto andrebbe in ogni caso ripartita fra i due condòmini proprietari, in ragione della natura “condivisa” del tetto, che copre l’intero edificio e quindi “serve” a tutti.

2. Abbaini nella mansarda di proprietà: via libera all’intervento

Il proprietario di una mansarda che desiderai trasformare i lucernari in abbaini può procedere senza il permesso dell’assemblea, ma l’intervento non deve pregiudicare la stabilità dell’edificio né ledere il decoro architettonico dello stesso. Inoltre, non deve precludere al resto dei condòmini – anch’essi proprietari del tetto – la possibilità di utilizzare la superficie per molteplici scopi, come per esempio l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia. •È lo stesso Codice civile (articolo 1102) a spiegare che «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese
le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa». La Corte di Cassazione (n. 1498/1998) – intervenendo su una questione simile – ha osservato che «il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune, può aprire su esso abbaini (nella specie dotati di balconi) e finestre – non incompatibili con la sua destinazione naturale – per dare aria e luce alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d’arte e non pregiudichino la funzione di copertura propria del tetto, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo».

“in condominio, anche il ruolo e i compiti dell’assemblea sono decisamente regolamentati”

3. Errore nelle tabelle millesimali e recupero delle cifre non versate

Per modificare la tabella millesimale – qualora sia stato accertato un errore di calcolo – è necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno i 500 millesimi dell’edificio. La relativa spesa va ripartita tra tutti i proprietari. È bene precisare che la nuova tabella non ha effetto retroattivo e quindi tutte le deliberazioni adottate in passato non possono essere oggetto di revisione. Se, invece, l’errore di calcolo ha determinato uno squilibrio nella ripartizione delle spese, il condominio – a norma dell’articolo 2041 del Codice civile – può assolutamente procedere, per indebito arricchimento, nei confronti dei condòmini che hanno pagato meno, ottenendo un rimborso che va suddiviso in base ai millesimi di proprietà di ciascuno, esclusi i condòmini che hanno beneficiato dell’errore.

4. Amministratore e compenso: senza chiarezza l’incarico è a rischio

Anche su questa questione il Codice civile non lascia spazio a fraintendimenti di sorta. Per l’articolo 1129, comma 14, infatti, «l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente l’importo del compenso per l’attività svolta, pena la nullità della nomina stessa». Infatti, la delibera votata a maggioranza può essere considerata nulla e ciascun condomino – al di là dell’indicazione di voto – può impugnarla in qualsiasi momento, senza limiti temporali. La giurisprudenza, inoltre, ha osservato come non possa ritenersi sufficiente, in caso di rinnovo dell’incarico, scrivere sul verbale “alle medesime condizioni economiche del passato”; è necessario specificare in modo analitico i termini economici che regolano il contratto di mandato.

5. Servizio di portineria: quando si intende rinunciarvi

Per sopprimere il servizio di portineria previsto dal regolamento condominiale – sia esso assembleare o contrattuale – è necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio, vale a dire 500 millesimi. I condòmini possono procedere in qualsiasi momento, licenziando il portiere per “giustificato motivo oggettivo”, con un preavviso da comunicare al lavoratore di 6-12 mesi, a secondo della tipologia di contratto applicato. Entro quel termine  il portiere (a cui il condominio riconosce il Tfr) deve riconsegnare, se previsto, l’alloggio condominiale. Tale immobile, che è di proprietà comune, con la stessa maggioranza di prima può essere locato o venduto. Nella prima ipotesi, i canoni d’affitto andranno ad ammortizzare le spese comuni, mentre  in caso di vendita il ricavato va suddiviso tra i condòmini proprietari, in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà.

In collaborazione con Federamministratori/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it

 

 

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