Animali in condominio: diritti, doveri e regole per una serena convivenza

Se in condominio ci sono degli animali, possono crearsi situazioni di tensione tra proprietari e altri abitanti del palazzo in caso di rumori molesti o sporco nelle parti comuni, i due aspetti che più di frequente sono causa di lamentele. Chi ha ragione e in quale misura?

A cura di Vinci Formica
Pubblicato il 30/07/2025Aggiornato il 30/07/2025
animali condominio

Tenere un animale domestico in condominio è un diritto garantito dalla legge: il Codice Civile, articolo 1138, al comma 5, introdotto dalla Legge 220/2012 (Riforma del Condominio), afferma che le norme del Regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. 

Ne consegue che né un regolamento, né tanto meno una semplice delibera assembleare possono negare o contrastare l’articolo del Codice Civile e vietare a un condomino di avere un animale.

Questo vale solo per animali “domestici” riconosciuti dalla legge, non per specie esotiche, selvatiche o potenzialmente pericolose.

Attenzione però, il diritto non è assoluto: occorre comunque rispettare il regolamento condominiale per quanto riguarda rumori, igiene e spazi comuni. Se il proprio animale arreca disturbo o danni agli altri o alle parti comuni, i vicini possono agire per vie legali contro questi aspetti.

È quindi importante adottare comportamenti corretti, rispettare il decoro e la tranquillità degli spazi comuni, e promuovere una convivenza civile e consapevole. Con buon senso e attenzione, è possibile vivere serenamente anche in uno stabile condiviso.

Vediamo quali sono le regole e le buone pratiche per la convivenza tra animali domestici e vicini in ambito condominiale.

Animali in casa: quali sono i possibili problemi

Gli animali domestici più comuni in ambito condominiale sono cani e gatti, ma non mancano anche piccoli roditori, uccelli da compagnia o rettili. Nella maggior parte dei casi, la presenza di un animale non crea particolari problemi. Tuttavia, alcune situazioni possono generare disagio, specie se non si adottano comportamenti responsabili.

Due sono le principali criticità segnalate:

  1. Rumori molesti

Il caso più frequente riguarda l’abbaiare continuo di un cane lasciato da solo per molte ore o sul balcone nelle ore notturne. Anche altri animali possono emettere versi percepiti come fastidiosi, ma la soglia del disturbo va valutata caso per caso.

Il rumore diventa un problema solo se supera la normale tollerabilità e compromette le attività quotidiane degli altri condomini (riposo, studio, lavoro). In questi casi è possibile intervenire.

I regolamenti condominiali possono prevedere fasce orarie di silenzio e indicazioni sul comportamento da tenere.

Se il disturbo è persistente e documentato, i vicini possono:

  • rivolgersi all’amministratore;
  • avviare una causa civile ai sensi dell’articolo 844 del Codice Civile, riguardante le immissioni intollerabili, ivi compresi i rumori di animali;
  • in casi più gravi, sporgere querela per disturbo alla quiete pubblica, previsto dall’articolo 659 del Codice Penale (ma solo se il disturbo riguarda una pluralità di persone).
  • in alcune situazioni il giudice può disporre misure correttive, come la partecipazione dell’animale a un corso di addestramento.
  1. Igiene degli spazi comuni

Un’altra fonte di tensione riguarda la pulizia delle parti comuni: scale, ascensori, androni e pianerottoli devono essere lasciati in ordine. Se un animale, ad esempio un cane dopo una passeggiata, sporca con fango, peli o altro, è responsabilità del proprietario rimediare immediatamente.

Le norme igienico-sanitarie impongono che gli animali siano puliti, in buona salute e ben gestiti. In caso di condotte reiterate e incuria, possono essere applicate sanzioni:

  • sul piano civile, l’articolo 1130 del Codice Civile, comma 4 affida all’amministratore il compito di tutelare tutelare le parti di proprietà comune da qualsiasi forma di alterazione o danneggiamento, segnalando il problema alla Polizia Locale competente in materia.
  • sul piano penale, l’articolo 639 del Codice Penale punisce chi imbratta beni altrui (mobili o immobili) e prevede una multa fino a 309 euro se si tratta di cose mobili e con una multa da 300 a 1.000 euro e la reclusione da uno a sei mesi se si tratta di beni immobili.
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