La cedolare secca al 10% si applica anche sui contratti transitori. A renderlo noto l’Agenzia delle Entrate fornendo così importanti precisazioni in merito al regime fiscale di favore previsto per chi concede in locazione ad uso abitativo un immobile.
La cedolare secca è un regime facoltativo a cui possono optare i proprietari di immobili concessi in locazione che appartengono alle categorie catastali da A1 ad A11 (esclusa la categoria A10, uffici e studi privati) e consiste nel pagare un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali al 21% nella generalità dei casi o al 15% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:
- nei Comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia
- nei Comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).
Fino al 2017 tale aliquota è stata ulteriormente ridotta al 10% e trova applicazione anche per i contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti il 28 maggio 2014 lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi.
Ora l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la cedolare secca al 10% trova applicazione anche sui contratti di natura transitoria quelli cioè che hanno una durata breve, da 1 a 18 mesi e stipulati per particolari esigenze (ad esempio il cambio di residenza per motivi di lavoro del conduttore). Chi ha applicato l’aliquota al 21% può presentare una dichiarazione integrativa e recuperare la differenza. Rimangono ferme le regole previste dalla legge per quanto riguarda l’applicazione del regime della cedolare: il locatore può esercitare l’opzione alla cedolare al momento di registrazione del contratto di locazione e deve comunicare al conduttore a mezzo raccomandata l’opzione alla cedolare che significa anche la rinuncia all’aggiornamento del canone incluso l’adeguamento Istat.