Affittare una stanza della propria casa

Può garantire un guadagno e, al contempo, risolvere una momentanea esigenza abitativa: affittare una stanza della casa è una pratica molto utilizzata (anche se in alcuni casi a casa della pandemia può avere subìto un rallentamento). Soprattutto nelle grandi città, dove locare un intero immobile può essere molto costoso. Ecco che cosa bisogna sapere su contratti e spese.

Marco Panzarella
A cura di Marco Panzarella
Pubblicato il 08/02/2021 Aggiornato il 08/02/2021
Affittare una stanza della propria casa

Fra le tante opportunità di ottenere un guadagno dalla propria abitazione vi è anche la possibilità di affittare una singola stanza a studenti, giovani lavoratori e, più in generale, a chi non può permettersi di pagare un intero alloggio o a chi preferisce vivere in condivisione. Come avviene con le “classiche” locazioni, anche questo tipo di accordo deve essere regolato da un contratto, con il proprietario dell’immobile che può scegliere quello più adatto alle proprie esigenze, tra varie opzioni. Purtroppo in Italia sono ancora numerose le persone che affittano stanze “in nero”, senza alcun accordo scritto che tuteli le parti, nonostante la legge punisca con sanzioni severe chi opera nel mercato illegale eludendo il fisco. Senza dimenticare poi i rischi per il proprietario, che in caso di incidenti o infortuni capitati all’inquilino o causati da quest’ultimo a soggetti terzi, ne risponderebbe sotto il profilo civile e, nei casi più gravi, anche penale. 

Il contratto per l’affitto di una stanza? Quello transitorio il più usato

È senza dubbio il più utilizzato per chi decide di affittare una singola stanza; è stato introdotto dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431 sulle locazioni abitative. L’accordo ha una durata massima pari a 18 mesi senza possibilità di rinnovo, mentre non pone alcun limite sulla durata minima.

Perché transitorio

La caratteristica principale di questo contratto è “l’esigenza transitoria”, vale a dire il motivo che giustifica almeno una delle due parti a optare per questo tipo di accordo.
L’esigenza transitoria è il presupposto per l’applicazione di questo contratto e, quando essa viene meno, l’accordo si trasforma in modo automatico in uno a canone libero di 4+4 anni. Per il conduttore, i motivi di tale esigenza possono essere molteplici: il trasferimento momentaneo della sede di lavoro, la sottoscrizione di un contratto di lavoro a tempo determinato in un Comune diverso da quello in cui si risiede, la necessità di assistere un familiare lontano.

Per quanto concerne il canone d’affitto, può essere liberamente deciso dalle parti oppure definito da accordi locali che ne vincolano l’importo. Sul punto, la legge prevede che sono soggetti al canone concordato tutti gli «immobili ricadenti in Comuni con un numero di abitanti superiore a diecimila, come risultanti dai dati ufficiali dell’ultimo censimento». Il costo del canone dipenderà quindi dalle caratteristiche dell’immobile e dello stabile nonché dalla zona in cui è ubicato.

 Affittare una stanza: alternative di contratto meno utilizzate

Contratto affitto libero (4+4)

Questo contratto di locazione dà al locatore (il proprietario dell’immobile) e al conduttore (chi corrisponde un affitto periodico per utilizzare l’alloggio) la possibilità di accordarsi liberamente su clausole e canone, a patto che il periodo di locazione sia di almeno 4 anni, con rinnovo automatico di pari durata. Resta inteso che alla prima scadenza ciascuna delle due parti è libera di dare disdetta, senza il pagamento di alcuna penale.

Contratto affitto a canone concordato

Le caratteristiche di questo contratto sono la durata di tre anni della locazione e, soprattutto, il costo calmierato (inferiore a quello di mercato) del canone, che è determinato da accordi locali sottoscritti dalle organizzazioni che rappresentano la proprietà edilizia e i conduttori.

 

Quali spese per chi affitta una stanza

Determinare la ripartizione dei vari costi legati al “soggiorno” tra il proprietario di un appartamento e l’inquilino che prende in affitto la singola stanza non è semplice e, di norma, per evitare spiacevoli contenzioni, le parti si impegnano a indicare i criteri di suddivisione nel contratto. Normalmente, se le aree comuni dell’appartamento sono aperte al coabitante, quest’ultimo e il proprietario dividono equamente i costi delle utenze e le spese condominiali ordinarie.

Le spese straordinarie, invece, restano a carico del proprietario.

Allegato D

Nei contratti transitori fa fede la tabella contenuta nell’Allegato D del decreto ministeriale 16 gennaio 2017, che deve essere però recepito negli Accordi locali.

Rescissione del contratto di affitto di una stanza

Riguardo alla rescissione del contratto, quest’ultimo cessa automaticamente allo scadere di 18 mesi, ma può capitare che una delle due parti o entrambe decidano di anticipare i tempi.

La legge prevede, però, che solo il conduttore (cioè colui che ha preso la stanza in affitto) possa recedere in modo unilaterale, ma a condizione che sussistano “gravi motivi”.

Sarà comunque necessario un preavviso di almeno 3 mesi, da comunicare al locatore (colui che concede la stanza in affitto) attraverso l’invio di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

Per “gravi motivi”, alla base della rescissione anticipata del contratto, si intendono tutti quegli eventi imprevisti e imprevedibili, che non dipendono dalla volontà del conduttore.

 

In sintesi: il canone può essere deciso dalle parti o stabilito sulla base di accordi locali; le spese di manutenzione straordinaria spettano al proprietario, mentre vanno condivise quelle ordinarie e per le utenze; il contratto ha durata di 18 mesi al massimo, ma può essere rescisso in anticipo unilateralmente solo dal conduttore e solo per gravi motivi.

 

Affittare una stanza a studenti universitari

Questo contratto è dedicato esclusivamente agli studenti universitari iscritti a un corso di laurea o di formazione post laurea, in una città diversa da quella in cui risiedono.

Tale contratto (Allegato C del dm 16 gennaio 2017) si può applicare per l’affitto di una singola stanza, a patto che sussistano determinate condizioni. La principale è che la stanza faccia parte di un immobile ubicato nel Comune in cui ha sede l’università o in una città limitrofa. L’inquilino, inoltre, deve essere regolarmente iscritto a un corso di laurea. Il contratto transitorio può essere firmato direttamente dallo studente o dai suoi genitori. Ha una durata compresa tra i 6 mesi e i 3 anni e, alla prima scadenza, si rinnova automaticamente per il periodo concordato in origine. Lo studente ha la facoltà di disdire l’accordo, comunicando la decisione al proprietario almeno un mese e non oltre tre mesi prima della data di scadenza. L’articolo 5 della Legge 9 dicembre 1998, n. 431, a proposito del canone di locazione, dispone che «è facoltà dei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d’intesa con comuni limitrofi, promuovere specifici accordi locali per la definizione di contratti-tipo relativi alla locazione di immobili ad uso abitativo per studenti universitari». Il decreto ministeriale 16 gennaio 2017 ha poi precisato che «l’accordo locale potrà individuare misure di aumento o diminuzione dei valori dei canoni in relazione alla durata contrattuale». Come tutti i contratti la cui durata supera i 30 giorni, necessita di essere registrato all’Agenzia delle Entrate, con la tassa di registro che solitamente, a meno di accordi differenti fra le parti, va divisa tra locatore e conduttor

Affitto breve (massimo 30 giorni) di una stanza

Può capitare che una persona necessiti di una stanza in affitto per pochi giorni. Se il periodo non supera i trenta, è possibile accedere alle cosiddette “locazioni brevi”, che l’articolo 4 del Decreto Legge 50 del 2017 definisce come gli accordi «…di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online». Oggetto delle locazioni possono essere soltanto le stanze che fanno parte di unità immobiliari rientranti nelle categorie catastali da A1 a A11 (ad eccezione della A10, uffici o studi privati). Il canone di locazione comprende di norma le utenze primarie (luce, gas, acqua calda) e può includere la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali, o altri servizi come la connessione internet, le utenze telefoniche e l’aria condizionata. Il proprietario che sceglie questa soluzione può usufruire della cedolare secca al 21%, che sostituisce Irpef e addizionali sui redditi derivanti dalla locazione.

 

In collaborazione con avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Fna/Confappi, Tel. 02/33105242, http://www.fna.it

 

Tratto da Cose di Casa di aprile 2020

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