Impianti di desalinizzazione: acqua potabile dal mare

Nel mondo e anche in Italia, gli impianti di desalinizzazione sono al centro di innovativi progetti per recuperare la risorsa più preziosa che scarseggia anche a causa delle ondate di siccità sempre più frequenti.

Silvia Scognamiglio
A cura di Silvia Scognamiglio
Pubblicato il 27/01/2024 Aggiornato il 31/01/2024
desalinizzazione

Tra le conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici c’è la sempre più preoccupante carenza di acqua potabile dovuta a fenomeni estremi quali le rare piogge e la prolungata siccità che interessa anche aree del mondo molto vicine a noi. La desertificazione avanza a ritmi serrati. La crisi idrica, con impatti devastanti sulle popolazioni, spinge a investire in tecnologie e progetti di riutilizzo dell’acqua marina, implementando gli impianti di desalinizzazione esistenti e progettandone di nuovi, alimentati da energie rinnovabili. L’International Desalination Association (IDA, idadesal.org) calcola che già in quasi 200 Paesi esistano dissalatori in grado di riutilizzare l’acqua del mare per renderla potabile e fornirla in sicurezza agli utenti. Questi sistemi, applicati da anni su larga scala, hanno permesso di dissetare e irrigare per esempio la città di Dubai, negli Emirati Arabi, e sono largamente impiegati in Arabia Saudita, Medio Oriente, in Australia, negli USA, in Israele e, per quanto riguarda l’Europa, soprattutto in Spagna (con oltre 750 impianti). Anche in Italia si contempla seriamente questa possibilità. Tra gli ostacoli ancora da superare ci sono i costi elevati, il dispendio energetico per alimentare i dissalatori, le garanzie sulla qualità dell’acqua, le procedure burocratiche nazionali e locali, lo smaltimento degli scarti e i vincoli ambientali.

Come funziona l’impianto di desalinizzazione con sistema a osmosi inversa

La maggior parte degli impianti di desalinizzazione funziona con questo tipo di tecnologia. L’acqua, prelevata dal mare, è aspirata e incanalata su membrane polimeriche filtranti che trattengono sali e impurità. L’osmosi inversa richiede meno energia dell’elettrodialisi e dell’osmosi termica che comporta l’evaporazione del sale con il calore generato da una fonte. Il processo di desalinizzazione può dirsi sostenibile se la risorsa impiegata per produrre energia è rinnovabile (per esempio solare o eolica). Si minimizzano così infatti le emissioni in atmosfera.Il costo al mc per l’acqua potabile così ottenuta è ancora elevato, ma in calo negli ultimi 3-4 anni.

Impianti di desalinizzazione attivi e progetti in Italia

Nel nostro Paese, circondato dal mare, i dissalatori e le risorse idriche che ne possono derivare a uso della popolazione rappresentano un’enorme potenzialità, anche in considerazione del ripetersi di lunghi periodi di siccità. Attualmente sono attivi in Italia impianti su piccola e media scala, installati per specifici utilizzi locali (per esempio anche per hotel e resort). Dagli anni ’90, sono operativi in Sicilia, sulle sue isole minori e in quelle della Toscana e del Lazio, dove l’approvvigionamento idrico è da sempre più difficoltoso. L’acqua potabile ottenuta tramite i dissalatori corrisponde tuttavia ancora a una percentuale minima (circa 0,1%) rispetto al totale. Eppure, le migliaia di chilometri di coste della nostra Penisola hanno caratteristiche ideali per realizzazioni future, in vista di una produzione industriale: con tecnologie innovative e progetti, sulla carta o in fase più avanzata, ricercatori e istituzioni lavorano in questa direzione.

A Taranto ci sarà l’impianto di desalinizzazione più grande 

Nel Salento, alle sorgenti del Tara, le acque salmastre del fiume alimenteranno l’impianto di dissalazione che sarà realizzato da Acquedotto Pugliese (www.aqp.it). Con sistema di funzionamento a osmosi inversa, il dissalatore per il recupero e l’uso civile dell’acqua sarà in parte finanziato con i fondi del PNNR: è il più grande progetto a livello nazionale. L’impianto sfrutterà la risorsa idrica fluviale che ha una percentuale di salinità inferiore a quella marina; si prevede che potrà processare 1.000 litri d’acqua al secondo, rendendola poi disponibile in rete. Secondo i calcoli, potrà soddisfare, entro il 2026, quasi un quarto del fabbisogno della popolazione del territorio salentino.

Da Venezia all’Elba, le soluzioni future

In diverse regioni d’Italia sono allo studio nuovi impianti per rendere potabile l’acqua marina: sicurezza, qualità, basso impatto ambientale, corretto smaltimento degli scarti sono al centro dell’attenzione. Molto attivi sono Veneto e Friuli Venezia-Giulia che hanno da tempo avviato studi di fattibilità; un progetto specifico riguarda la stessa città di Venezia. L’installazione di un dissalatore è attesa da tempo anche all’isola d’Elba, dove l’approvvigionamento idrico è carente. È inoltre al vaglio la possibilità di un impianto a Genova, che tramite condutture di rete potrebbe rifornire anche la Pianura Padana.

I numeri della crisi idrica

Secondo quanto riportato nelle relazioni dell’IDA (Agenzia Internazionale per lo sviluppo, International Development Association), entro i prossimi 7 anni quasi la metà della popolazione mondiale soffrirà le gravi conseguenze della crisi idrica. Tra gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il numero 6 – fissato nel 2015 – prevede di “assicurare la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e installazioni sanitarie per tutti”.
2 miliardi: è l’impressionante numero di persone che ancora nel mondo non possono accedere in sicurezza all’acqua potabile; addirittura più (oltre 3,5 miliardi) non dispongono di servizi igienici adeguati. È evidente, quindi, quanto sia urgente ricorrere a tutti gli strumenti possibili, tra cui i dissalatori, per migliorare la vita delle popolazioni: l’acqua marina è una risorsa inesauribile da sfruttare!

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