Energia dai rifiuti con gli impianti di termovalorizzazione

Alcuni tipi di scarti, trattati in impianti tecnologici tramite combustione o fermentazione, diventano una risorsa alternativa potenzialmente inesauribile per produrre calore ed elettricità. Come nell'impianto di termovalorizzazione di Desio, in Lombardia.

Silvia Scognamiglio
A cura di Silvia Scognamiglio
Pubblicato il 03/06/2022 Aggiornato il 03/06/2022
Energia dai rifiuti con gli impianti di termovalorizzazione

Non tutte le tipologie di rifiuti si possono riciclare con la raccolta differenziata. Gli scarti solidi cosiddetti indifferenziati (quelli gettati nel “sacco nero”, per intendersi), come la gomma, la plastica non recuperabile o i materiali misti, vanno il più delle volte dispersi o gettati in discarica, con gravi danni in termini di inquinamento ambientale a lungo termine.

L’alternativa è quella di bruciarli in appositi siti, tramite procedimenti industriali controllati e sicuri. La combustione dei rifiuti, se effettuata in modo corretto previa una specifica selezione, si rivela una risorsa rinnovabile con notevoli margini di sviluppo, in grado di generare calore per il riscaldamento domestico o industriale, ed energia elettrica.

In passato, questo genere di impianti erano dei semplici inceneritori, oggi si chiamano termovalorizzatori, perché permettono il recupero energetico.

In Italia, sono stati inizialmente accettati a fatica, considerati dall’opinione pubblica come fonti di potenziale inquinamento. In realtà, gli impianti moderni offrono buone garanzie: grazie al controllo elettronico, è minimizzata la dispersione di residui di combustione nocivi. Era da sempre questo il punto controverso di una soluzione che si sta rivelando invece sempre più ecologica e sostenibile.

Nel resto d’Europa l’approccio è diverso già da decenni: l’installazione di termovalorizzatori anche nei luoghi abitati non è osteggiata dai cittadini; a Copenaghen ne è stato costruito alcuni anni fa uno addirittura in pieno centro: sulla copertura, la struttura integra una pista da sci aperta alla cittadinanza.

 

Che cosa è la termovalorizzazione

All’incenerimento sono avviati solo i rifiuti non recuperabili in altro modo. I termovalorizzatori  sono inceneritori in grado di convogliare e riutilizzare l’energia prodotta dalla combustione. Una volta giunti all’impianto, dopo un’accurata verifica preventiva, gli scarti indifferenziati sono depositati in una fossa e introdotti gradualmente nel forno da un sistema meccanico; la combustione avviene a 800-1000 °C, temperatura che inibisce la produzione di pericolose diossine. Il processo genera energia termica sotto forma di vapore che alimenta una caldaia: si possono così ottenere energia elettrica e calore.

Vengono supportate anche reti di teleriscaldamento a uso residenziale e industriale (il 6,8% rispetto al totale). Flussi ed emissioni post-combustione sono tenuti costantemente sotto controllo dai tecnici, aiutati da sistemi automatici che monitorano il processo. Negli impianti moderni, tecnologicamente avanzati, sensori e filtri intercettano le sostanze nocive e verificano che i livelli rimangano ampiamente entro i limiti previsti dalla legge.

 

Termovalorizzatori: un processo controllato e non inquinante

La combustione dei rifiuti nei termovalorizzatori produce, al termine della fase di trattamento ad alte temperature, residui solidi e gassosi non ulteriormente trasformabili in calore ed energia.

Fumi  e ceneri costituiscono il 10-15% del totale dei prodotti immessi nell’impianto. Le ceneri, una volta trattate per eliminarne il potenziale inquinante, vengono conferite in discarica. Quanto ai fumi, l’impianto non li rilascia direttamente nell’atmosfera così come sono: vengono invece immessi in un circuito dedicato, e sottoposti a un processo di filtraggio che ne trattiene le componenti inquinanti. Le emissioni che fuoriescono dai condotti di evacuazione del termovalorizzatore sono monitorate 24 ore su 24 per rilevare ogni eventuale anomalia.

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Dove sono gli impianti di termovalorizzazione 

Impianti di termovalorizzazione sono presenti in molti Paesi europei tra cui Germania, Francia  e Svizzera. In Italia sono concentrati soprattutto nel Nord e al Centro. Nella sola Lombardia ce ne sono 12.

Una delle reti di distribuzione più estese, lunga 60 km, è quella del termovalorizzatore di Desio gestito da Bea (Brianza Energia Ambiente). Grazie all’energia recuperata dalla combustione di rifiuti solidi urbani e fanghi, dal 2006 rifornisce con teleriscadamento 8 Comuni in Brianza: nel ciclo di lavorazione, sottrae più anidride carbonica di quanta ne produce. Grazie ai sensori che monitorano il processo di incenerimento, i dati delle emissioni sono resi noti in tempo reale sul sito http://www.beabrianza.it e su un pannello elettronico davanti all’impianto.

 

Termovalorizzazione dagli scarti organici e il Biogas

Oltre che dalla termovalorizzazione dell’inorganico, si può ricavare energia verde dai rifiuti organici, recuperati con la raccolta differenziata dell’umido. Si procede in impianti specializzati tramite un processo di fermentazione anaerobica, cioè in assenza di ossigeno. Viene effettuata prima una pulizia che elimina i residui di materie estranee all’organico; gli scarti sono poi ridotti in piccoli pezzi, quindi il composto fangoso è mescolato con acqua e, in un apposito contenitore – detto digestore -, fermenta alla temperatura di oltre 50° C per 15 giorni. Si produce così, in una percentuale superiore al 50%, un biogas che, convogliato in una centrale, produce energia termica.

Si ringrazia per la collaborazione Bea Brianza Energia Ambiente (www.beabrianza.it)

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