Alcuni Comuni italiani, tra cui Milano, Genova, Ancona, Napoli, Catanzaro e Cagliari hanno commesso errori nel calcolo tari, la tassa sui rifiuti finendo per far pagare ai contribuenti più di quello dovuto.
La Tari, introdotta nel 2014 in sostituzione di Tarsu e Tares, serve a finanziare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è tenuto a versarla chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte che possono produrre rifiuti, quindi in caso d’immobili, anche l’inquilino, non solo il proprietario. Insieme all’imu e alla tasi costituisce la Iuc, l’Imposta unica comunale. Le scadenze di pagamento della Tari sono fissate da ciascun Comune e di norma è divisa in almeno due rate, ogni sei mesi.
La tassa comprende una quota fissa e una variabile. La prima dipende da quanto è grande la casa visto che è in proporzione ai metri quadrati dell’abitazione. Mentre quella variabile cresce secondo il numero dei membri della famiglia.
Proprio qui alcuni Comuni avrebbero commesso l’errore: la quota variabile andrebbe calcolata una sola volta sull’insieme dell’immobile e sulle pertinenze (ovvero posti auto, cantine, garage, ecc). I Comuni hanno applicato tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze dell’abitazione. A svelare le irregolarità è il sottosegretario all’Economia Pier Carlo Baretta, nel corso di un question time a Montecitorio. In parole povere i contribuenti si sono trovati una bolletta per la spazzatura in cui, oltre alla quota fissa (legata ai metri quadri della casa), c’è una quota variabile (legata al numero degli abitanti della casa) moltiplicata tante volte quante sono le pertinenze.
Ad esempio chi ha una casa con 125 metri quadrati complessivi, di cui 100 di casa, 15 di garage e 10 di cantina ha pagato non una sola volta la quota variabile bensì tre volte.
La quota variabile della Tari va computata solo una volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze site nello stesso Comune. Pertanto l’importo da versare si otterrà sommando tutte le quote fisse rispettivamente di casa, garage e cantina, a cui si aggiungerà una volta l’importo della quota variabile.
Basta leggere gli avvisi di pagamento della tassa inviati dai Comuni in cui vi è il riepilogo dell’importo da pagare, le istruzioni su come pagare, scadenza e codici tributo e il dettaglio delle somme. In questa parte sono indicate le unità immobiliari su cui si applica la tassa (la superficie tassata, il numero degli occupanti e la quota fissa e variabile distinta per ogni unità immobiliare). La quota variabile deve essere presente solo per l’abitazione e non per le eventuali pertinenze. In sostanza verificare in caso di pertinenze che la quota variabile applicata risulti pari a zero euro.
Da qui si può chiedere il rimborso al Comune di quanto pagato in più entro il termine di 5 anni dal giorno del versamento. Molte associazioni dei consumatori si stanno attivando per chiedere gli indennizzi e basterà, chi vuole, chiedere agli sportelli locali maggiori informazioni, Per chi invece volesse agire autonomamente, basta presentare una richiesta al Comune e se questi non risponde può fare ricorso alla Commissione tributaria provinciale assistito da un professionista di fiducia.