Vantaggi per l’ambiente se il bucato è eco

Non è solo una questione di risparmio economico, energetico e idrico. È fondamentale anche ridurre l'inquinamento dovuto ai detergenti e alle microfibre dei tessuti che vengono rilasciate nell'acqua di lavaggio.

Silvia Scognamiglio
A cura di Silvia Scognamiglio
Pubblicato il 11/01/2022 Aggiornato il 12/01/2022
bucato eco

Le tecnologie innovative e le alte prestazioni delle nuove lavatrici, la formula dei detersivi sempre più ecocompatibili e le ricerche scientifiche sulla composizione dei tessuti sono step importanti che non sono ancora però sufficienti a rendere il bucato davvero sostenibile. Sì, perché i lavaggi inquinano. Le sostanze chimiche contenute nei detergenti e le microfibre che si staccano dagli indumenti si disperdono nell’acqua sporca e, tramite i sistemi di scarico, finiscono per arrivare ai fiumi, ai mari e agli oceani, con concentrazioni più alte in alcune aree del globo (come l’Artico), a causa delle correnti. I danni all’ecosistema – alla flora e alla fauna marine, e poi alla salute umana – sono soprattutto sul lungo termine, e ancora gli esperti non sono in grado di valutare del tutto le conseguenze.

Sistemi di depurazione delle acque reflue sempre più evoluti hanno parzialmente ridotto l’inquinamento di mari e fiumi, specie quello da sostanze chimiche.

Grazie a una maggiore consapevolezza, anche l’industria e i consumatori fanno la loro parte, ma non tutti i Paesi del mondo hanno lo stesso passo.

Inoltre, gli stili di vita attuali sono spesso in conflitto con le intenzioni virtuose dei singoli e della collettività. Negli ultimi decenni, le famiglie si sono abituate a fare il bucato più di frequente: magari rapido, però anche quotidiano. Inoltre, il budget ridotto per gli acquisti di abbigliamento spinge verso la fast fashion: abiti o capi tecnici economici, realizzati con tessuti di scarsa qualità che rilasciano più microfibre.

 

Microfibre: l’impatto ambientale

Ogni anno nel mondo, con i lavaggi a mano e in lavatrice, gli indumenti riversano in acqua oltre 1/2 milione di tonnellate di microfibre naturali o sintetiche. Una quantità che, secondo lo studio “A New Textiles Economy” della fondazione Ellen MacArthur (ellenmacarthurfoundation.org), corrisponde a 50 miliardi di bottiglie di plastica. Le microfibre che non sono trattenute dagli impianti di depurazione si disperdono nell’ambiente e nei mari: sono circa il 40% e costituiscono il 35% del totale delle microplastiche primarie che finiscono in mare. (Fonte: Marevivo).

La quantità di plastica dispersa in mare, che nel tempo si degrada in particelle infinitesimali (microplastiche), è una realtà già all’attenzione di tutti e si parla spesso dei rischi e danni ad esse connesse. Subdola e insospettata è invece la presenza delle microfibre liberate dai tessuti durante il lavaggio; alcune si possono definire esse stesse microplastiche, perché derivano da fibre sintetiche, come nylon e poliestere.

Il 64% dei capi prodotti è realizzato con tessuti in parte o del tutto artificiali. Recenti ricerche di un team internazionale, cui partecipa anche il CNR, hanno però dimostrato che anche le microfibre naturali, come cotone o lana, non sono innocue per l’ecosistema marino: hanno un altissimo tasso di dispersione nel bucato e rimangono nell’ambiente molto a lungo senza degradarsi. Già da diversi anni, l’associazione Marevivo ha lanciato una campagna per sensibilizzare produttori e consumatori sui danni da microfibre: ingerite dai molluschi o dai pesci, entrano nella catena alimentare umana. Ne sono state trovate tracce ovunque, persino nel sale da cucina e nell’acqua potabile.

StopMicrofibre_campagna Marevivo

StopMicrofibre, campagna Marevivo

 

Consigli per lavare in modo più sostenibile

Negli acquisti e nelle abitudini quotidiane di lavaggio, tutti possono contribuire a salvaguardare i mari.

  • usare meno detersivo e additivi, circa metà rispetto alle dosi consigliate sulle confezioni. Preferire il detersivo liquido: si scioglie meglio e produce meno residui inquinanti da filtrare.
  • a mano e in lavatrice, alle basse temperature (a freddo o a 30 °C) si disperdono meno microfibre.
  • ridurre la frequenza dei lavaggi, scegliere programmi brevi e avviare la lavatrice solo a pieno carico (si risparmia anche acqua).
  • se si cambia lavabiancheria, optare per modelli con sistemi di filtraggio in grado di trattenere le particelle microscopiche.
  • quando si acquista un capo d’abbigliamento non pensare solo al risparmio immediato, ma alla durata e alla sostenibilità dell’indumento. Molte aziende lavorano al perfezionamento di tessuti performanti e anche ecologici nel bucato. Preferire le fibre naturali a quelle sintetiche.
  • leggere sempre l’etichetta per trovare le indicazioni sul tipo di lavaggio consigliato.

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Pratici e resistenti, sono anche tra i capi meno sostenibili. Non solo la coltivazione del cotone e la produzione del tessuto denim di cui sono fatti richiede un elevatissimo dispendio d’acqua (fino a 10.000 litri per paio), i prodotti per la colorazione sono molto inquinanti. Il lavaggio dei jeans, oltre a rilasciare pigmenti chimici, disperde anche un’altissima quantità di microfibre. Senza certo rinunciarvi (impossibile!), il consiglio è quello di sceglierli di buona qualità, farli durare a lungo e lavarli meno spesso e sempre in acqua fredda o tiepida.

 

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Si ringrazia per la collaborazione Marevivo, marevivo.it

 

Casa e sostenibilità

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