Mostra Poesia e Rivoluzione - Milano
A cura di Manuela Vaccarone
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Milano
L'esposizione presenta le opere di cinque autori italiani e internazionali: Maria Magdalena Campos-Pons, Elena Bellantoni, Gianni Moretti, Binta Diaw e Massimo Uberti, che raccontano gesti, eventi, esistenze e esigenze di un’arte politica con il fascino e la delicatezza della poesia.
Il progetto racconta di un dialogo spontaneo di metafore e valori, uniti da una narrazione culturale di cambiamenti sociali che s’intrecciano con il senso storico dell’utopia e della rivoluzione. S’innesca così il processo del linguaggio, della storia, della dicotomia tra passato e futuro, tra l’importanza della memoria, l’enigma della fragilità umana e dell’identità futura.
Il percorso si apre con le opere di Maria Magdalena Campos-Pons (La Vega, Matanzas, Cuba, 1959) nelle quali si ritrova la sua essenza rivoluzionaria, delicata e malinconica, da cui emerge l’amore per Cuba, la sua terra d’origine. I colori e i particolari che affiorano dai suoi lavori, sono dei rimandi alla narrazione di storie e leggende.
La proposta di Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975) prende ispirazione dal film Nostalghia del regista russo Andrej Tarkovskij che narra la vicenda di Andrej Gorčakov un poeta sovietico che conosce il vecchio Domenico, un uomo ritenuto da tutti matto perché, anni prima, era rimasto rinchiuso in casa per sette anni con la sua famiglia in attesa della fine del mondo.
Gianni Moretti (Perugia, 1978) racconta la rivoluzione dei più fragili e del loro coraggio ad affrontare la vita e gli sguardi altrui nelle condizioni più avverse, conservando la capacità di non cadere, per non divenire invisibili prima di tutto a loro stessi e per rimanere uniti a quel filo rosso che li integra al significato primo della vita, quello della libertà.
Binta Diaw (Milano, 1995) esplora dal punto di vista politico, culturale, sociologico il tema della generazione dello Ius soli e chiede attraverso il lavoro Black powerless il riconoscimento dei diritti per una generazione invisibile. Quello che ne risulta è un’opera corale, in cui l’artista prende il calco del pugno chiuso dei suoi coetanei afro-italiani, posizionato al contrario, per gridare la loro mancanza di potere di fronte alle considerazioni della società e dei governi.
Nel lavoro di Massimo Uberti (Brescia, 1966), antico e contemporaneo convivono nelle loro essenze più pure, attraverso la rappresentazione dell’oro e del neon, e con questo racconta la duplicità dell’arte, presente nella scritta "L’altro lato dell’arte”. Con queste parole, Uberti descrive l’universalità dell’opera d’arte e in contemporanea il suo duplice significato di singolarità quale opera stessa, elaborata dall’artista.
L'esposizione è curata da Leda Lunghi.
Il progetto racconta di un dialogo spontaneo di metafore e valori, uniti da una narrazione culturale di cambiamenti sociali che s’intrecciano con il senso storico dell’utopia e della rivoluzione. S’innesca così il processo del linguaggio, della storia, della dicotomia tra passato e futuro, tra l’importanza della memoria, l’enigma della fragilità umana e dell’identità futura.
Il percorso si apre con le opere di Maria Magdalena Campos-Pons (La Vega, Matanzas, Cuba, 1959) nelle quali si ritrova la sua essenza rivoluzionaria, delicata e malinconica, da cui emerge l’amore per Cuba, la sua terra d’origine. I colori e i particolari che affiorano dai suoi lavori, sono dei rimandi alla narrazione di storie e leggende.
La proposta di Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975) prende ispirazione dal film Nostalghia del regista russo Andrej Tarkovskij che narra la vicenda di Andrej Gorčakov un poeta sovietico che conosce il vecchio Domenico, un uomo ritenuto da tutti matto perché, anni prima, era rimasto rinchiuso in casa per sette anni con la sua famiglia in attesa della fine del mondo.
Gianni Moretti (Perugia, 1978) racconta la rivoluzione dei più fragili e del loro coraggio ad affrontare la vita e gli sguardi altrui nelle condizioni più avverse, conservando la capacità di non cadere, per non divenire invisibili prima di tutto a loro stessi e per rimanere uniti a quel filo rosso che li integra al significato primo della vita, quello della libertà.
Binta Diaw (Milano, 1995) esplora dal punto di vista politico, culturale, sociologico il tema della generazione dello Ius soli e chiede attraverso il lavoro Black powerless il riconoscimento dei diritti per una generazione invisibile. Quello che ne risulta è un’opera corale, in cui l’artista prende il calco del pugno chiuso dei suoi coetanei afro-italiani, posizionato al contrario, per gridare la loro mancanza di potere di fronte alle considerazioni della società e dei governi.
Nel lavoro di Massimo Uberti (Brescia, 1966), antico e contemporaneo convivono nelle loro essenze più pure, attraverso la rappresentazione dell’oro e del neon, e con questo racconta la duplicità dell’arte, presente nella scritta "L’altro lato dell’arte”. Con queste parole, Uberti descrive l’universalità dell’opera d’arte e in contemporanea il suo duplice significato di singolarità quale opera stessa, elaborata dall’artista.
L'esposizione è curata da Leda Lunghi.
Regione: Lombardia
Luogo: Galleria Giampaolo Abbondio, via Porro Lambertenghi 6
Telefono: 347/5432014
Orari di apertura: 11-19. Domenica e lunedì chiuso
Costo: Ingresso libero
Dove acquistare: 0 - ingresso libero
Sito web: www.giampaoloabbondio.com
Organizzatore: Galleria Giampaolo Abbondio