Mostra Dar corpo al corpo. Motivi iconografici del Novecento alla Collezione Wolfson -

Manuela Vaccarone
A cura di Manuela Vaccarone
Pubblicato il 27/05/2021 Aggiornato il 27/05/2021
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(Genova)
La scultura e la grafica di Michelangelo Buonarroti hanno rappresentato una fondamentale fonte di ispirazione per molti artisti del Novecento italiano, tra i quali Adolfo De Carolis che fu il principale illustratore delle opere dannunziane.

L’esposizione si apre con un cartone di De Carolis dedicato al lavoro delle miniere e caratterizzato, nell’enfatica raffigurazione dei vigorosi corpi degli scavatori, da inflessioni michelangiolesche, diffuse all’epoca in Italia attraverso la lezione di Auguste Rodin.

Lavoro, donna, propaganda: la mostra ruota intorno a tre declinazioni del tema del corpo.
Il corpo del lavoro e la contrapposizione tra una visione simbolica e celebrativa e una rappresentazione più realistica dello sforzo fisico e delle dure condizioni dei lavoratori.

Se la durezza del mondo del lavoro appare incarnata dalla dolente figura del contadino dipinto da Ugo Martelli o dalla plastica lampada da tavolo raffigurante un lavoratore intento a spingere un blocco di marmo, la rappresentazione allegorica del tema si rivela espressione di quel mito del progresso che, ai primi del Novecento, si venne affermando all’interno del passaggio dalla produzione manuale a quella meccanico-industriale: un motivo iconografico esemplificato dal manifesto di Plinio Nomellini per il quotidiano socialista “Il Lavoro” o dalla scultura Donna con turbina di Alberto Giacomasso.

Altrettanto articolata appare, negli stessi anni, l’immagine del corpo della donna che, protagonista di un processo di emancipazione determinante per la trasformazione del suo ruolo sociale, fu oggetto di una contrapposta raffigurazione, tra retaggi della tradizione e trasformazioni imposte dalla modernità.

La centralità del ruolo della donna come madre è evidenziata nel gruppo scultoreo Maternità di Raffaello Consortini (1934) e nell’Autoritratto del pittore con la famiglia di Giorgio Matteo Aicardi (1939), mentre l’immagine opposta di una donna moderna, emancipata e sofisticata, si ritrova in molta della pittura e scultura dell’epoca, ma soprattutto, come documentato dai manifesti di Filippo Romoli, nella grafica pubblicitaria e di promozione turistica.

Le opere in mostra, tutte provenienti dalla collezione della Wolfsoniana, dialogano con alcune opere dell’allestimento permanente del museo, in un ricco e suggestivo percorso dedicato a una riflessione sul tema del corpo e ai mutamenti della nostra percezione di esso, in particolare nelle situazioni di crisi o nelle più significative fasi di trasformazione della storia sociale.

La mostra è a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone.
Regione: Liguria
Luogo: Wolfsoniana, via Serra Gropallo 4
Telefono: 010/3231329
Orari di apertura: 10-18 giovedì e venerdì; 10-19 sabato e domenica
Costo: 5 euro; ridotto 4 euro
Dove acquistare: www.palazzoducale.genova.it
Sito web: www.palazzoducale.genova.it
Organizzatore: Palazzo Ducale