Mostra Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione. L’opera grafica -
A cura di Manuela Vaccarone
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Per segnalare una mostra scrivere a eventi@cosedicasa.com
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(Verbano-Cusio-Ossola)
Il Museo del Paesaggio riapre la stagione espositiva e ospita la mostra che presenta opere provenienti dalla collezione del Museo e da una collezione privata milanese.
In esposizione oltre 90 opere, per lo più di grafica, dei due grandi artisti del Novecento italiano Carlo Carrà (Quargnento, 1881 – Milano, 1966) e Arturo Martini (Treviso, 1889 - Milano, 1947) che si sono distinti e affermati proprio grazie all’invenzione di un nuovo linguaggio in pittura e scultura. Completa il percorso dedicato al mito e alla visione una serie di sculture di Arturo Martini, presentate accanto ai bozzetti, ai disegni e alle incisioni.
Carrà. L’opera grafica
Di Carrà sono esposte circa cinquanta tra acqueforti e litografie a colori, che comprendono tutti i più importanti esiti dell’artista.
Fin dagli inizi Carrà avvia grazie all’incisione un sistematico ripensamento della sua pittura, che lo porta a reinterpretare con acqueforti e litografie i suoi principali capolavori, dalla Simultaneità futurista alle Figlie di Loth, dal metafisico Ovale delle apparizioni al Poeta folle.
L’incisione diventa così per l’artista un momento di verifica, ma anche uno struggente album dei ricordi.
Le prime incisioni di Carrà, tutte acqueforti, con l’unica eccezione della litografia I saltimbanchi, destinata a una cartella edita a Weimar dal Bauhaus, risalgono al 1922-1923.
Carrà adotta un segno sintetico, duro, capace di esprimere il suo mondo di figure e luoghi sottratti al tempo. E’ soprattutto il paesaggio ad attrarlo.
Nel 1944, dopo un intervallo di sedici anni dalle ultime incisioni, Carrà torna a dedicarsi alla grafica. A differenza degli anni Venti, quando aveva praticato soprattutto l'acquaforte, ora è la litografia a impegnarlo, sia in bianco e nero che a colori.
Sempre in questo periodo si dedica intensamente all’illustrazione. Nello stesso 1944 esegue dodici tavole per Versi e prose di Rimbaud, dove compare un mondo di angeli, demoni e segni di morte (riflesso dei tragici momenti della guerra).
Arturo Martini. L’opera pittorica e grafica
Alla fine degli anni trenta Martini prende sistematicamente a dipingere, accettando la sfida di un linguaggio per lui quasi nuovo, di cui deve assimilare pazientemente la tecnica.
Le circa quaranta opere in mostra sono comprese tra il 1921 e il 1945 coprendo tutta la carriera dell’artista, a iniziare dal lavoro a matita su carta Il circo del 1921 circa, importate disegno del momento di “Valori plastici” quando Martini è molto prossimo a Carrà e in genere a una personale rivisitazione della congiuntura metafisica.
Nel 1942 realizza 11 disegni preparatori - tutti in mostra - del Viaggio d’Europa per l’illustrazione dell’omonimo racconto di Massimo Bontempelli. Tra questi disegni preparatori e la versione definitiva delle illustrazioni c’è lo stesso rapporto che sussiste tra i bozzetti delle opere monumentali e l’esito finale.
Del 1944-45 sono il gruppo di incisioni predisposte da Martini per l’illustrazione della traduzione italiana dell’Odissea a cura di Leone Traverso, poi non pubblicata. Eseguite a Venezia, rivelano un lato straordinario della versatile fantasia martiniana, anche qui orientata a sperimentare materiali “poveri” e linguaggi poveri, al limite tra immagine e pura suggestione timbrica. Pubblicate postume soltanto nel 1960 sono tra le prove più convincenti della grafica martiniana.
Accanto a queste prove dell’artista sono esposte dieci sculture come La famiglia degli acrobati, Can can, Adamo ed Eva, Ulisse e il cane, Testa di ragazza, Busto di ragazza e tre tele: Sansone e Dalila, La siesta e Paesaggio verde per rafforzare il tema della differenza tra disegno e realizzazione finale delle opere, pezzi unici di grande valore storico e artistico.
La mostra è a cura di Elena Pontiggia e di Federica Rabai, direttore artistico e conservatore del Museo.
In esposizione oltre 90 opere, per lo più di grafica, dei due grandi artisti del Novecento italiano Carlo Carrà (Quargnento, 1881 – Milano, 1966) e Arturo Martini (Treviso, 1889 - Milano, 1947) che si sono distinti e affermati proprio grazie all’invenzione di un nuovo linguaggio in pittura e scultura. Completa il percorso dedicato al mito e alla visione una serie di sculture di Arturo Martini, presentate accanto ai bozzetti, ai disegni e alle incisioni.
Carrà. L’opera grafica
Di Carrà sono esposte circa cinquanta tra acqueforti e litografie a colori, che comprendono tutti i più importanti esiti dell’artista.
Fin dagli inizi Carrà avvia grazie all’incisione un sistematico ripensamento della sua pittura, che lo porta a reinterpretare con acqueforti e litografie i suoi principali capolavori, dalla Simultaneità futurista alle Figlie di Loth, dal metafisico Ovale delle apparizioni al Poeta folle.
L’incisione diventa così per l’artista un momento di verifica, ma anche uno struggente album dei ricordi.
Le prime incisioni di Carrà, tutte acqueforti, con l’unica eccezione della litografia I saltimbanchi, destinata a una cartella edita a Weimar dal Bauhaus, risalgono al 1922-1923.
Carrà adotta un segno sintetico, duro, capace di esprimere il suo mondo di figure e luoghi sottratti al tempo. E’ soprattutto il paesaggio ad attrarlo.
Nel 1944, dopo un intervallo di sedici anni dalle ultime incisioni, Carrà torna a dedicarsi alla grafica. A differenza degli anni Venti, quando aveva praticato soprattutto l'acquaforte, ora è la litografia a impegnarlo, sia in bianco e nero che a colori.
Sempre in questo periodo si dedica intensamente all’illustrazione. Nello stesso 1944 esegue dodici tavole per Versi e prose di Rimbaud, dove compare un mondo di angeli, demoni e segni di morte (riflesso dei tragici momenti della guerra).
Arturo Martini. L’opera pittorica e grafica
Alla fine degli anni trenta Martini prende sistematicamente a dipingere, accettando la sfida di un linguaggio per lui quasi nuovo, di cui deve assimilare pazientemente la tecnica.
Le circa quaranta opere in mostra sono comprese tra il 1921 e il 1945 coprendo tutta la carriera dell’artista, a iniziare dal lavoro a matita su carta Il circo del 1921 circa, importate disegno del momento di “Valori plastici” quando Martini è molto prossimo a Carrà e in genere a una personale rivisitazione della congiuntura metafisica.
Nel 1942 realizza 11 disegni preparatori - tutti in mostra - del Viaggio d’Europa per l’illustrazione dell’omonimo racconto di Massimo Bontempelli. Tra questi disegni preparatori e la versione definitiva delle illustrazioni c’è lo stesso rapporto che sussiste tra i bozzetti delle opere monumentali e l’esito finale.
Del 1944-45 sono il gruppo di incisioni predisposte da Martini per l’illustrazione della traduzione italiana dell’Odissea a cura di Leone Traverso, poi non pubblicata. Eseguite a Venezia, rivelano un lato straordinario della versatile fantasia martiniana, anche qui orientata a sperimentare materiali “poveri” e linguaggi poveri, al limite tra immagine e pura suggestione timbrica. Pubblicate postume soltanto nel 1960 sono tra le prove più convincenti della grafica martiniana.
Accanto a queste prove dell’artista sono esposte dieci sculture come La famiglia degli acrobati, Can can, Adamo ed Eva, Ulisse e il cane, Testa di ragazza, Busto di ragazza e tre tele: Sansone e Dalila, La siesta e Paesaggio verde per rafforzare il tema della differenza tra disegno e realizzazione finale delle opere, pezzi unici di grande valore storico e artistico.
La mostra è a cura di Elena Pontiggia e di Federica Rabai, direttore artistico e conservatore del Museo.
Regione: Piemonte
Luogo: Museo del Paesaggio, Palazzo Viani Dugnani, via Ruga 44
Telefono: 0323/557116
Orari di apertura: 10-18 da martedì a venerdì; 10-19 sabato e domenica. Lunedì chiuso
Costo: 5 euro; ridotto 3 euro
Dove acquistare: www.museodelpaesaggio.it
Sito web: www.museodelpaesaggio.it
Organizzatore: Museo del Paesaggio