Immobili: come si fa il cambio di destinazione d’uso

Solo l'idea spesso spaventa, ma se ci si informa bene e ci si affida al professionista giusto, il cambio di destinazione d'uso non è un'impresa impossibile e si può anzi fare un buon investimento.

Redazione
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il 03/08/2017 Aggiornato il 03/08/2017
cambio di destinazione d'uso

Da laboratorio industriale ad abitazione privata, da box a casa… : serve sicuramente una rilevante ristrutturazione per dotare la casa dei necessari impianti e per isolarla e riscaldarla al fine di ottenere il miglior comfort termico possibile, mail primo step è quello burocratico, cioè verificare la possibilità di cambio di destinazione d’uso. 

Quando si parla di destinazione d’uso si definisce in edilizia l’insieme delle modalità e  finalità di utilizzo di un certo edificio.  La prima verifica da compiere preventivamente è quella di recuperare il cosiddetto Piano Regolatore, un insieme di norme approvate dal proprio Comune di residenza che possono vietare o meno il cambio di destinazione d’uso in particolari zone. Se il Piano regolatore non pone particolari limiti, è il momento di capire quali autorizzazioni vanno richieste al Comune.

Occorre in tal caso distinguere a seconda che il cambio di destinazione d’uso comporti o meno l’esecuzione di opere edilizie. Se non vi sono allora per ottenere il cambio basterà presentare una DIA, la Denuncia di Inizio attività oppure la SCIA, la Segnalazione certificata di Inizio attività, a seconda delle decisioni del Comune. Se il cambio di destinazione d’uso prevede invece delle modifiche strutturali o distributive, allora andrà chiesto un Permesso di Costruire vista l’importanza dell’intervento da realizzare.

Se l’immobile oggetto del cambio di destinazione d’uso si trova in un condominio occorre verificare che nel regolamento condominiale non vi siano restrizioni in tal senso. Se così fosse occorre prima di procedere al cambio chiedere l’autorizzazione alla stessa assemblea. Dopo aver ottenuto le autorizzazioni necessarie si potrà procedere all’intervento che comporta inevitabilmente anche il cambio di categoria catastale dell’immobile.

Si definisce cambio d’uso urbanisticamente rilevante quello che comporta il passaggio ad una categoria diversa, anche senza opere edilizie. Cambiando la categoria cambia anche la rendita su cui andranno calcolate le tasse, come Imu e Tasi.

Il Decreto Sblocca Italia ha modificato l’articolo  23-ter del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001) secondo cui costituisce cambio rilevante della destinazione d’uso “ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale” inserita in un catalogo ben definito. Sono quattro le categorie funzionali oggi possibili: residenziale e turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale. In base al Testo Unico dell’Edilizia è sempre possibile il cambio della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, salvo diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali.

Ma quanto costa il cambio di destinazione d’uso? Le spese da tenere in conto sono quelle necessarie per i lavori materiali all’interno dell’immobile, a cui si aggiungono le parcelle dei professionisti coinvolti – diverse a seconda se il cambio di destinazione d’uso prevede o meno opere edilizie – e gli oneri di urbanizzazione.

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