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La riscoperta dei sapori antichi e le sollecitazioni culinarie della multietnicità ci possono spingere ad ampliare i nostri orizzonti, a partire dall’orto, incrementando il numero delle specie e delle varietà coltivate. Proviamo allora a riscoprire ortaggi della tradizione passata che non si trovano più negli orti familiari, se non in aree ristrette, e impariamo ad apprezzare sapori e proposte nuove che ci giungono da lontano. A trarne vantaggio sarà l’aspetto dell’orto, che si arricchirà di forme e colori, ma anche la produzione destinata all’autoconsumo, perché spesso si tratta di ortaggi da serbo o freschi che ci consentono di diminuire gli acquisti sul mercato. Vi proponiamo una selezione di alcuni esemplari, scegliendoli tra i più curiosi per forma e tra i più buoni al palato. Si tratta solo di procurarsi le sementi da vivaisti specializzati (per esempio cercando su internet) oppure di trovarle grazie al passaparola tra conoscenti. Anche questa è una sfida e farà parte del piacere della scoperta.
I meloni che vengono da lontano
Melone cornuto
Pianta erbacea a ciclo annuale, è un rampicante vigoroso, alto fino a 150 centimetri, dalle foglie leggermente spinescenti e fiori ermafroditi, che si aprono da luglio a settembre. I primi frutti sono pronti ad agosto, mentre gli ultimi si raccolgono ad ottobre.
• Le protuberanze appuntite, quasi fossero spine, lo rendono subito riconoscibile. La forma è oblunga, il colore a maturazione giallo-arancio nasconde una polpa verde brillante e gelatinosa.
• Acerbo ricorda il cetriolo ma, a maturazione, richiama un interessante mix di sapori tra melone, limone e banana e offre, inoltre, un effetto agrodolce molto aromatico.
• Facile da coltivare, richiede un terreno ben drenato ed esposto in pieno sole, anche dove questo è molto intenso. Le esigenze e la coltivazione sono simili a quella dei cetrioli. Si pianta in semenzaio e le piantine si pongono in piena terra a metà aprile, assicurandosi che le temperature notturne non scendano sotto i 15 °C.
• Ha un futuro assicurato sulle nostre tavole, perché a fronte di poche calorie apporta antiossidanti, vitamine, potassio e zinco.
Melone tigre
• Come tutti i meloni per crescere ha bisogno di un clima caldo, terreno ricco e ben drenato e apporti idrici costanti. Si semina in aprile quando la temperatura si stabilizza intorno ai 20 °C perché teme gli abbassamenti di temperature in ogni sua fase di sviluppo. Ponete due-tre semi per postarella, tenendo una distanza di un metro tra le buche. Ha un ciclo piuttosto breve e in soli settanta giorni fruttifica. I meloni sono piccoli ma le piante ne possono portare un buon numero, da sei a nove.
• All’arrivo del freddo, prima che geli, i meloni possono essere raccolti e ritirati. Matureranno senza problemi.
I rampicanti
Spinacio indiano
• I fusti carnosi sono lucidi ed elastici. Le foglie cuoriformi hanno nervature principali evidenti, il rachide è forte, la lamina al tatto è carnosa e cerosa. I fiori, bianchi, rosa, violetti, sono riuniti in piccoli gruppi. I frutti sono piccole bacche di colore nero, impiegate come colorante viola in pasticceria.
• Nei nostri climi raggiunge i due metri di altezza; nelle aree vocate dove si trova allo stato spontaneo arriva a nove metri.
• Si pianta dopo il gelo, utilizzando sementi fresche. La germinazione avviene in pochi giorni, quando la temperatura è di circa 21 °C. Deve essere posto sempre in pieno sole e resiste senza problemi al caldo estivo, purché il terreno resti sempre leggermente umido. È consigliabile coltivarlo all’aperto, nella zona tipica dell’ulivo. Le basse temperature possono causare il disseccamento della parte aerea, ma con buona probabilità la pianta riprenderà a vegetare a fine di aprile. Preferisce terreni drenati e senza ristagni, di buona fertilità e a pH acido.
• La cimatura favorisce l’emissione di ramificazioni secondarie.
Fagiolo stringa
• I lunghi baccelli sono di sezione abbastanza uniforme, carnosi, con una struttura gelatinosa. Il sapore delicato è molto gradevole, vicino ma non omologabile con quello dei fagiolini. I semi, anche se molte logge pur formate restano vuote, sono piccoli, allungati, di colore rosa, pernice o nero.
• Piuttosto adattabile in fatto di terreno, amante del caldo e capace di resistere meglio degli altri fagioli alla siccità, non richiede una concimazione diretta, ma si giova della fertilità residua del terreno, se posto dopo una coltura ben letamata, come pomodoro o zucchino. Si semina da fine marzo, aspettando per precauzione altre due settimane in pianura Padana e in collina. La semina classica è a postarelle, distanti fra loro 30 cm.
Fagiolo tradizionale ‘Mascherino’
Pianta rampicante, a crescita indeterminata, Phaseolus vulgaris ‘Mascherino’ è molto vigoroso. Le foglie sono di colore verde intenso con superficie “lavorata” dalle numerose venature. Il fiore ha colore bianco e inizia a schiudersi tardivamente.
• Il baccello ricurvo, a maturazione diventa di colore bianco crema o giallo chiaro, e contiene da 4 a 5 semi.
• Il seme è piccolo e di forma ovale, solo leggermente allungata, tanto che non è impossibile trovare fagioli pressoché sferici. Il colore, unito alla forma, lo rende subito riconoscibile. Il seme è per metà bianco e per metà color vinaccia scuro, con divisione dei colori piuttosto netta.
• Si semina a maggio in postarelle contenenti tre-cinque semi, distanziate fra loro di 25 cm, con una distanza minima di almeno un metro.
• Fagiolo a pasta morbida, con buccia sottile, dà il meglio di sé in preparazioni elaborate e tradizionali, come zuppe e minestre.
Le radici
Rapa di Milano a colletto rosa
• La radice è piatta, cioè presenta la caratteristica forma a fuso nella parte alta ma manca dello sviluppo assottigliato che si sviluppa verso il basso, restando schiacciata. Sul lato inferiore, al centro, si sviluppa una sottile radice che raggiunge gli strati più profondi del terreno, che dovrà essere sempre ben lavorato.
• Queste rape si seminano a spaglio per poi diradarle ad aprile. Per il consumo fresco come ortaggio crudo si raccolgono in estate, quando sono ancora giovani, di media grandezza, con buccia liscia e lucida, di taglia ridotta. Per uso gastronomico si effettua la raccolta autunnale. Si coltivano in un terreno fresco con fertilità residuale, che possa essere irrigato con continuità perché la siccità e gli apporti incostanti provocano frutti di sapore acre.
Ramolaccio
• La pianta ha foglie lobate, alte fino a 30 cm, con forte venatura centrale, difficili da staccare dalla radice. Il ramolaccio si raccoglie quando misura circa 5 cm di diametro e pesa poco più di 100 grammi.
• Si semina da febbraio fino al mese di luglio, in terreno lavorato profondamente e privo di scheletro, così da garantire una raccolta in tutto l’arco dell’anno, perché durante l’inverno può rimanere nel terreno coperto dalla neve senza deteriorarsi. Il tempo necessario per iniziare la raccolta, in condizioni favorevoli, è di soli due mesi dal momento della semina.
• Non richiede un’elevata fertilità e può chiudere i cicli quadriennali classici di rotazione, oppure sfruttare al meglio la fertilità residua lasciata nel terreno da una coltura fortemente
letamata come pomodoro e zucchino. Si raccoglie togliendolo dal terreno con paletta
o forca dentata.
Pastinaca
• Deve essere coltivata in un terreno profondo e sciolto così che le radici possano spingersi in profondità, senza doversi biforcare. Non richiede grandi apporti nutrizionali e può essere inserita a fine ciclo rotazionale, prima di effettuare una nuova abbondante letamazione.
• Si semina in primavera a file; nella prima fase di coltivazione richiede frequenti interventi per eliminare le malerbe. Il terreno deve essere mantenuto umido, ma non intriso, perché teme i ristagni.
• La raccolta si effettua solo dopo le prime gelate, quando le foglie sono ormai morte, con l’aiuto di una forca, perché il contenuto in zuccheri è maggiore. Proteggendo il terreno con la paglia, le radici possono essere raccolte un poco alla volta, perché si tratta di pianta svernante che a primavera tornerà a vegetare.
Come coltivare ….
Fagiolo e fagiolino tradizionali
Il melone tradizionale italiano