L’utilizzo razionale delle risorse, specie di quelle non rinnovabili come l’acqua, è motivo costante di attenzione da parte di tutti, soprattutto in un anno così siccitoso come il 2022. L’acqua è il bene più prezioso, il cui valore è destinato a crescere nel tempo, tanto che sono sempre più numerosi i progetti che vogliono potenziarne la captazione e lo stoccaggio e migliorarne la rete distributiva, minimizzando le perdite. Limitare il consumo di acqua quindi è necessario più che mai per l’ambiente, ma può avere anche interessanti risvolti economici, considerando quanto oggi pesino i costi delle utenze sul bilancio familiare. Un metro quadrato di terreno orticolo coltivato da aprile a ottobre in modo intensivo, sfruttando tutto il tempo e lo spazio disponibile, richiede un apporto idrico di 500-600 litri, vale a dire 0,5-0,6 metri cubi d’acqua. A questo dato possono essere sottratte le precipitazioni (quest’anno veramente poche), ma soltanto quelle utili che possono essere calcolate con la quantità d’acqua trattenuta dal terreno. Ridurre gli sprechi e razionalizzarne l’utilizzo è possibile per tutti, purché si sia disposti a modificare tecniche e abitudini acquisite.
È una tradizione consolidata in aree siccitose, dove molte case dispongono di una cisterna d’accumulo privata. In gran parte del Nord Italia solo le case costruite negli ultimi dieci-quindici anni dispongono di un serbatoio interrato per la raccolta delle acque piovane operata dai pluviali. Per l’orto familiare, costituire punti di raccolta dell’acqua ha un duplice scopo: il primo è il risparmio, il secondo poter irrigare con acqua a temperatura ambiente, o anche più calda, gradita agli ortaggi. Per costituire riserve d’acqua, nell’orto si possono collocare in posizione di pieno sole, alcuni vecchi fusti di metallo con una capienza di circa 200 litri, che verniciati a colori sgargianti possono aggiungere un tocco personale. Hanno un’apertura grande e possono raccogliere efficacemente la pioggia. Dopo la pioggia devono essere coperti, sia per minimizzare la perdita per evaporazione sia per impedire che possano cadervi dentro piccoli mammiferi e lucertole o che gli uccelli la imbrattino. A fine stagione devono essere vuotati e capovolti, così che asciughino. Questi fusti sono di difficile scaravoltamento, ma per sicurezza, se il terreno fosse declive, è meglio dotarli di una base in terra battuta e ghiaia, o terra battuta e lastre di pietra. Il contatto con un materiale drenante, come la ghiaia e la pietra, anziché la nuda terra, ne consente anche una maggiore durata nel tempo. I fusti devono essere posti in pieno sole, così che l’acqua possa riscaldarsi. Ottimi sono anche i tank da 1000 litri, cubici con gabbiatura in metallo esterna, da posare su un pallet e un rialzo per estrarre l’acqua dal rubinetto posto nel minimo punto di pescaggio. Al contrario dei fusti in metallo, i tank hanno un’apertura di soli 30 cm di diametro che non consente un’efficace raccolta dell’acqua piovana, ma può permettere la raccolta da una grondaia di un capanno degli attrezzi. Per chi ne ha la possibilità, un capiente serbatoio interrato che raccolga l’acqua dai pluviali è una garanzia di risparmio e ci libera dai divieti di innaffiare che a volte sono in vigore d’estate.

Raccogliere l’acqua piovana e usarla per annaffiare prati, piante e giardini è una scelta che presenta molti vantaggi, è migliore per le piante e riduce il consumo di acqua potabile diminuendo la bolletta. La cisterna per acqua è realizzata in zinco per resistere all’aggressione della ruggine, è dotata di rubinetto e ha dimensioni 44,5×57,2×108 cm con una capacità di 95 l. È di Bavicchi, prezzo 499 euro, www.bavicchi.com
- parte dell’acqua impiegata non cade all’interno del perimetro interessato dalla coltura, cioè nello spazio utile all’assorbimento, assai più ristretto per molte piante dell’aiuola. Se ne va portata dal vento, o perché gli irrigatori non sono calibrati con cura
- parte dell’acqua, specie la prima, evapora a contatto di superfici calde o irraggiate dal sole, siano esse il fogliame, il terreno o le pietre del camminamento,
- parte dell’acqua cade sul terreno, ben distribuita, è vero, ma in molti casi non riesce a raggiungere gli strati esplorati dagli apparati radicali e quindi utili, perché bagna solo i primi centimetri. Un tempo prolungato d’intervento non è garanzia d’efficacia, se il volume d’acqua distribuito per unità di superficie non è sufficiente a bagnare a fondo il terreno. A soffrirne sono, in periodo di reale siccità, soprattutto le colture con apparati radicali profondi e fittonanti, o mediamente profondi.
A quanto esposto si devono sommare le problematiche sanitarie favorite dall’irrigazione a pioggia, che eleva l’umidità a livello della massa fogliare e nel sottochioma, non occasionalmente come accade per le piogge, ma ogni giorno, favorendo l’insorgenza di malattie fungine, spesso fatali per gli ortaggi più comuni. L’impiego, accidentale o irresponsabile dell’irrigazione a pioggia, in orari di pieno sole o di poco precedenti a questi, senza che le foglie abbiano modo di sgrondare e asciugare, possono causare ustioni per l’effetto lente che la goccia produce. Le ferite che si possono vedere sulle piante ornamentali e che si considerano trascurabili negli ortaggi, incidono invece negativamente sulla capacità di fotosintesi della pianta e quindi sulla sua crescita e sull’accumulo degli zuccheri nei frutti.
Escluso il sistema di irrigazione a pioggia, restano diverse alternative.
- Il metodo goccia a goccia
Per le piante a grande sviluppo, tipo pomodori, zucchini, melanzane, l’irrigazione con tubo forato in corrispondenza delle radici è la tecnica più economica e razionale. Il costante gocciolare crea un’area umida nella quale si sviluppano in modo preferenziale le radici. Questo sistema è da riservare alle colture di pregio, ai piccoli frutti, alle piante da siepe e agli alberi. Richiede un piccolo investimento iniziale, ma i risultati lo ripagano abbondantemente. - Per scorrimento
Per gli ortaggi coltivati a file si utilizza l’irrigazione per scorrimento e infiltrazione. Si immette l’acqua nei solchi grazie a una canna e si lascia correre fino a quando ha raggiunto la fine dei solchi, che sono ciechi, lasciandola assorbire lentamente. L’acqua bagna il fondo dei solchi e le pareti laterali interessando la zona di terreno esplorata dalle radici. È importante mantenere i solchi aperti e puliti dalle malerbe per assicurare un’elevata efficienza dell’irrigazione. - Il sistema a conche
Mutuato per gli ortaggi dalla tradizione degli agrumeti, consiste nello scavare intorno alle piante singole o a piccoli gruppi un leggero avvallamento. Al momento dell’irrigazione, con la canna si allaga la conca e poi si lascia assorbire l’acqua lentamente. Le radici si svilupperanno nella zona mantenuta umida per diversi giorni. Con questa tecnica si interviene con meno frequenza (dipende anche dalle temperature), ma bisogna erogare una maggiore quantità d’acqua.

Ikon di Fitt è l’innovativo tubo estensibile, leggero e compatto che al passaggio dell’acqua si allunga di circa il doppio. Realizzato con tre strati in TPE, due intrecci interni di filato che ne controllano l’espansione e una copertura colorata resistente all’abrasione. Disponibile in 4 diversi colori e misure Ikon è dotato di pistola multigetto e raccordi, prezzo 25,90 euro per 10 metri, www.fittgardeningideas.com

Estremamente compatto e pratico il mini avvolgitubo AquaBag Style è ideale per irrigare piante, fiori e vasi su terrazzi, balconi e piccoli giardini. Equipaggiato con 11,5 m di tubo flessibile e 2 raccordi Soft Touch ad aggancio rapido, lancia ergonomica e presa rubinetto da ¾” si può usare appoggiato a terra o trasportato. Di GfGarden ha un design accattivante; prezzo 39,90 euro, www.gfgarden.it

Molto pratico grazie al fatto che si aggancia direttamente al rubinetto e non richiede fori di fissaggio, Space l’avvolgitubo è l’ideale per tenere in ordine il tubo dell’acqua e si adatta bene anche agli spazi ridotti. Ha dimensioni 10,4x12x26 cm ed è disponibile in diversi colori, di Bama; prezzo 3,80 euro www.bamagroup.com
Nelle località in cui la mancanza d’acqua è la norma, non resta che cercare di anticipare tutte le possibili colture, così da chiudere il ciclo prima dell’estate, lasciando in essere solo le aromatiche e quelle estive irrinunciabili, come i pomodori. In questo caso, al momento della messa a dimora delle giovani piante, si pone nel terreno anche un vaso di plastica di circa 24-30 cm di diametro, senza fondo. Le radici della pianta resteranno localizzate in questo spazio, dove tutta l’acqua disponibile potrà essere distribuita minimizzando gli sprechi.
“Una buona zappettatura val più di un’abbondante annaffiatura”: questa affermazione della tradizione popolare può lasciare scettici i neofiti, ma chi ha sperimentato la tecnica delle lavorazioni superficiali del terreno in periodo estivo, non può che attestarne la validità. Il terreno riscaldato dal sole perde acqua per evaporazione. L’acqua risale dagli strati profondi grazie alla capillarità e alla differenza di gradiente, così che non solo si asciugano gli strati superficiali, ma progressivamente si depauperano tutte le risorse idriche presenti nel terreno. La lavorazione superficiale, con interventi limitati allo strato non esplorato dalle radici, per non danneggiare le piante coltivate, riesce a interrompere la capillarità del terreno, impedisce la risalita dell’acqua dagli strati profondi e crea un elemento di discontinuità, una sorta di intercapedine arieggiata che riduce le perdite. Inoltre, la zappettatura superficiale ha il grande vantaggio di rompere la crosta che si crea per calpestio o per la pioggia battente. La crosta, infatti, favorisce il ruscellamento dell’acqua in superficie, sia durante le piogge, sia durante le bagnature, provocando inutili dilavamenti e impedendo l’assorbimento verso gli strati interessati dallo sviluppo delle radici. Allo stesso modo, le lavorazioni autunnali del terreno, decisamente più profonde, eseguite con vangatura o, ancor meglio vangatura doppia, permetteranno al terreno di immagazzinare una maggior quantità d’acqua, che potrà risalire dagli strati profondi nei momenti di carenza.
Gli ortaggi, per crescere con forza, richiedono un terreno ben drenato, non duro, fertile e ricco di sostanza organica. Tutti gli interventi che contribuiscono a creare queste condizioni consentono di ottimizzare gli apporti idrici. Il terreno non troppo compatto consente all’acqua di penetrare in profondità e di non ruscellare. La presenza di un buon contenuto in sostanza organica permette di accumulare acqua, perché le micelle dell’humus hanno la capacità di rigonfiarsi e trattenerla attivamente. I terreni argillosi trattengono molta acqua, ma si rivelano insidiosi perché diventano fradici, non sgrondano, favoriscono fenomeni di marcescenza e, con facilità, diventano freddi. In questi substrati troppo compatti si aggiunge sabbia per migliorare il drenaggio e sostanza organica per migliorare la struttura. In più, è importante variare ogni anno la profondità di lavorazione, per non creare una “soletta” impermeabile che crei ristagni. I terreni sciolti e sabbiosi non trattengono acqua e si asciugano con facilità; in questi si aggiunge sostanza organica sotto forma di letame e compost maturo, terreno di foglie e terricciato di concimi organici, per migliorare sia la struttura sia la capacità di ritenzione idrica.
Le malerbe sono il nemico numero uno dell’orto perché sottraggono spazio, nutrienti, luce e soprattutto acqua. Quindi, estirparle dalla radice regolarmente è molto importante. Iniziano a vegetare quando le temperature sono ancora così basse da non permettere la coltivazione degli ortaggi estivi: le malerbe, infatti, crescono con forza, resistono agli sfalci, sviluppano apparati radicali estesi e vigorosi, si disseminano con facilità compiendo anche più generazioni in un anno. Approfittano di tutti gli spazi lasciati liberi nell’orto, dai camminamenti all’interfila, fra le verdure seminate a spaglio anche se fitte, alle zone in prossimità dei gocciolatoi o degli impianti idrici. Si tratta di piante con una gran massa vegetale, spesso con steli carnosi, costituita per il 90% d’acqua, pari in peso, se la valutassimo di volta in volta, dal 50 al 100% del prodotto raccolto. Ponendo attenzione a questi dati, è possibile capire quanto sia grande la quantità d’acqua che silenziosamente le malerbe sottraggono. Le erbe infestanti si combattono effettuando ogni 10 giorni circa valide sarchiature e zappettature nell’interfila e con la raccolta manuale all’interno delle aiuole, cercando di asportare anche gli apparati radicali. Questo intervento però non basta per eliminare le malerbe con apparato radicale profondo e fittonante, che devono essere estirpate, non per trazione, ma utilizzando una vanga o attrezzo apposito. Applicare una trazione forte e improvvisa serve soltanto a spezzare le radici, lasciando nel terreno una parte considerevole che può anche essere in grado di rigenerare l’intera pianta. La trazione deve essere sempre graduale, applicando la forza in modo progressivo a mano a mano che la pianta esce dal suolo.