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Al termine del periodo natalizio, il clima di festa svanisce e molte delle piante verdi e fiorite che hanno abbellito le case e rallegrato i cuori delle persone, a gennaio si trovano abbandonate a un destino spesso inesorabile. I sintomi più frequenti sono alterazioni della forma della chioma (per esempio ripiegamento o curvatura verso il basso delle foglie ), perdita di foglie, o di aghi, nel caso degli abeti, rallentamenti di crescita e comparsa di ingiallimenti o seccumi nelle parti aeree.
In parte questo deperimento è inevitabile, in quanto le “specie botaniche natalizie” vengono poste in coltivazione e programmate per essere al massimo del loro splendore per il limitato periodo delle festività, in parte invece si tratta di incuria.
Trattandosi quasi sempre di specie perenni, è possibile intervenire correttamente per prolungare loro la vita e preservarle per un eventuale riutilizzo il Natale successivo.
I problemi in casa
Quando i danni sono dovuti alle inospitali condizioni in appartamento, per esempio l’eccessivo livello termico, la secchezza dell’aria e l’insufficiente illuminazione, solamente il trasferimento delle piante in luoghi con caratteristiche ambientali ottimali permette il recupero delle migliori condizioni vegetative.
Se invece, oltre alle avversità di tipo climatico, si manifestano anche attacchi da parte di parassiti ( prevalentemente cocciniglie tra gli insetti e marciumi causati da funghi ) la situazione diviene più difficile da gestire e spesso l’unica valida soluzione consiste nell’eliminazione della pianta, anche per evitare che questa diventi fonte di infezione per quelle eventualmente vicine.
Abete di Natale
L’inesorabile deperimento dell’abete di Natale mantenuto in casa, sia di quello denominato “rosso” (Picea excelsa), che dell’abete bianco (Abies alba), è dovuto principalmente alle inadatte condizioni ambientali degli ambienti interni, troppo caldi e secchi per la sopravvivenza di questa pianta, tipica delle zone montane fresche, umide e ben illuminate.
La struttura e le caratteristiche della pianta acquistata, influenzano, e in modo considerevole, il suo futuro destino : se l’esemplare presenta in partenza ottimi requisiti qualitativi (albero con zolla e non a radice nuda, puntale integro e non monco, presenza di fogliame vigoroso e di colore verde intenso) risulterà più facile garantirne la sopravvivenza. Abeti di piccola-media dimensione ( 130-180 centimetri ), forniscono inoltre garanzie di mantenimento migliori rispetto ad abeti di superiore altezza.
Le possibilità di recupero dell’abete dopo Natale dipendono dalle sue condizioni al termine delle festività : se risulta ingiallito più del 40-50% della chioma o si è avuta abbondante caduta di aghi, le possibilità di salvaguardarne l’integrità risultano assai scarse.
In ogni caso, quanto prima l’abete viene trasferito all’aperto, in posizione ben illuminata, tanto maggiori saranno le possibilità di sopravvivenza. Durante il periodo invernale, seppur all’aperto e nel caso di andamento climatico secco, l’abete va sottoposto a regolari irrigazioni : l’acqua va distribuita non solo sul substrato, ma anche sulla chioma, al fine di reintegrare lo stato idrico nelle foglie ed evitarne l’ingiallimento.
Verso la fine dell’inverno è possibile effettuare una concimazione con prodotti organici ricchi in azoto ( stallatico, sangue di bue ), per stimolare l’emissione di nuove germogli e l’allungamento dei rami. La concimazione andrà ripetuta verso la fine della primavera.
Agli inizi della primavera, se in condizioni vegetative accettabili e dopo aver eliminato eventuali porzioni secche, l’abete potrà essere svasato e collocato in piena terra, in posizione mediamente soleggiata, in terreno fertile e ad opportuna distanza da altre piante.
Oppure mantenuto in vaso, se questo risulta adeguatamente capiente ed eventualmente interrato con il suo contenitore, in attesa poi di toglierlo nuovamente da terra il Natale successivo per riportarlo in appartamento.
Stella di Natale
Generalmente si mantiene in buone condizioni sino verso metà gennaio, quando inizia a perdere inevitabilmente le foglie, a partire da quelle più basse, sino a presentarsi dopo altre due-tre settimane solamente con le brattee apicali colorate. Questa cascola fogliare, tipica delle specie anche negli ambienti naturali, viene resa più rapida dalle inadatte condizioni ambientali degli spazi interni.
Solamente in condizioni di elevata luminosità e con temperature mai inferiori ai 20-22 °C la pianta può prolungare sensibilmente il periodo di permanenza delle foglie, destinate comunque a cadere in buona parte.
Nonostante la grande perdita di foglie, la pianta tuttavia può essere salvata e ricostituita nel suo assetto vegetativo tipico, con semplici interventi.
In febbraio-marzo, quando spesso sono rimaste solo le brattee colorate, si tagliano gli steli più robusti e solidi, lasciandoli ad un’altezza pari a circa un terzo di quella originaria; quelli deboli o marcescenti vanno recisi alla base.
La pianta così impostata va mantenuta in ambiente semiluminoso, a temperature mai inferiori ai 18-20 °C, irrigata con esigui dosaggi e non concimata.
Nelle condizioni ottimali, dopo due-tre settimane si assiste ad un ricaccio di foglie da parte di gemme latenti presti sulle porzioni di fusto rimaste : a partire dalla emissione dei primi germogli, risulta di fondamentale importanza iniziare a concimare, con prodotti liquidi per piante fiorite ( meglio se quelli specifici per stelle di Natale ) ogni due-tre settimane. Prima dell’estate, se serve, si può procedere ad un cambio di vaso, utilizzando un substrato fertile e ben drenante, formato da terriccio di foglie sminuzzate, torba e sabbia. In estate può essere mantenuta all’aperto, in posizione semiombreggiata e sottoposta a frequenti irrigazioni.
In ambiente domestico è difficile ottenere nuovamente la colorazione delle brattee in esemplari seppur rigogliosi e sani; tuttavia, si può cercare di raggiungere tale risultato, riportando la pianta in ambiente protetto a partire dagli inizi di settembre, mantenendola a temperature minime non inferiori ai 15-18 °C ed in luogo fortemente ombreggiato per 8-9 settimane, per almeno 14 ore al giorno, dal tardo pomeriggio alla mattina.
È l’ oscuramento quotidiano prolungato, ottenibile anche semplicemente avvolgendo per le ore necessarie la pianta con un sacco di polietilene nero forato, il principale fattore ambientale che induce la stella di Natale a colorare le proprie brattee.
Ciclamino
Il deperimento invernale del ciclamino è quasi sempre dovuto a inadatte condizioni ambientali di coltivazione : questa pianta vuole molta luce, ma non troppo diretta, irrigazioni moderate, nella frequenza e nei dosaggi e soprattutto si avvantaggia di esposizioni a temperature medio-basse ( quelle ottimali per lo sviluppo vegetativo e per la fioritura sono comprese tra 15 e 18 ° C ). Se posto costantemente in ambiente molto caldo e secco, quale è quello degli ambienti interni abitativi, il ciclamino rapidamente ingiallisce le foglie, allunga e poi ripiega i peduncoli fiorali e blocca la fioritura. Solamente il mantenimento in ambiente fresco, permette il prolungamento della fase fiorale, che comunque, anche per i ciclamini natalizi meglio conservati, si conclude indicativamente nel mese di febbraio.
Al termine della fioritura, questa pianta si presenta con foglie generalmente poco vigorose e spesso numericamente scarse.
A questo punto, per ben conservarlo, è indispensabile mantenerlo sino a circa fine aprile-inizi di maggio in ambiente mediamente luminoso, a temperatura compresa tra 15 e 20°C irrigandolo poco, onde evitare di far marcire il tubero sottostante. Successivamente può essere trasferito all’aperto, mantenendolo in ambiente ombreggiato sino a fine agosto-inizi settembre, quando deve essere riportato all’interno. Durante il periodo primaverile-estivo, il ciclamino va irrigato con molta attenzione, con dosaggi scarsi, intervenendo solo quando il terriccio è ben asciutto nei primi 2-3 centimetri superficiali. Le concimazioni, utili per favorire l’emissione di nuove foglie e fiori, devono iniziare indicativamente quando viene trasferito all’aperto e continuare con cadenza regolare ogni circa 15 giorni con fertilizzanti liquidi per piante fiorite.
Le varietà in commercio non sono generalmente adatte alla piantumazione in terra pertanto ci si deve limitare a conservare il ciclamino, anno dopo anno, in contenitore. Generalmente la pianta non richiede rinvasi, in quanto è in grado di svilupparsi bene anche in vasi di limitata capienza. Può tuttavia servire un rinnovo di substrato, prima del rientro autunnale in appartamento : per lo scopo si deve usare un substrato fertile e ben drenante ( 50 % terra di foglie di faggio; 40 % torba bruna o bionda, piuttosto grossolana; 10 % sabbia di fiume ) con valore di pH intorno a 6.
Camelia invernale
Come tutte le specie del genere “Camelia” utilizzate per la realizzazione di giardini, anche la Camelia sasanqua predilige ambienti semiombreggiati, freschi e leggermente umidi. La sua sopravvivenza negli spazi interni è pertanto dipendente soprattutto dai livelli termici ivi presenti : con temperature costantemente superiori ai 18 – 20 °C, rapidamente perde i fiori, rinsecchisce i boccioli e inizia ad ingiallire le foglie.
La prolungata permanenza in luogo interno può seriamente comprometterne la sopravvivenza, al pari di quanto capita all’abete. Per poterla salvaguardare è quindi importante portarla all’aperto il più presto possibile, già dopo solo alcuni giorni dal suo arrivo in casa.
Una volta trasferita in giardino o anche semplicemente in terrazzo, la pianta va sottoposta a cure utili per mantenerla nelle migliori condizioni.
Al termine della fioritura, indicativamente verso metà-fine gennaio, può risultare necessaria una potatura volta ad accorciare i rami che hanno perso foglie e quelli eccessivamente indeboliti o rinsecchiti. In inverno le piante manifestano ridotte esigenze idriche, che comunque devono essere soddisfatte, tramite le precipitazioni o mediante irrigazioni. Una prima concimazione a fine inverno, consente alla pianta di superare facilmente lo stress successivo alla fioritura e va eseguita con prodotti specifici per specie acidofile, granulari o liquidi, particolarmente dotati di elementi quali fosforo, ferro e rame. Successivamente si dovrà concimare agli inizi e verso la fine dell’estate.
In marzo-aprile la pianta può essere posta a dimora in terreno acido, con pH ideale compreso tra 5 e 6, mediamente pesante e fertile, ricco di humus e torba : queste condizioni sono indispensabili per ottenere una buona crescita delle parti verdi e un regolare sviluppo dei boccioli che dovranno schiudersi nell’autunno successivo.
Esemplari di modeste dimensioni possono essere facilmente mantenuti per molti anni anche in contenitori, purché questi siano ben profondi. La concimazione di fine inverno consente alle piante di superare facilmente lo stress successivo alla fioritura e va eseguita con prodotti specifici per specie acidofile, granulari o liquidi, particolarmente dotati di elementi quali fosforo, ferro e rame.
Bulbi in contenitore
Si distinguono in due grandi categorie : bulbose che si mettono a dimora in autunno per la fioritura primaverile ( tulipano, giacinto, narciso, crocus, anemone, ranuncolo, muscari, iris ) e bulbose che si piantano a metà primavera per la fioritura estivo-autunnale ( gladiolo, dalia, giglio, begonia, canna indica, nerine ).
Destinati quasi esclusivamente alla coltivazione all’aperto, alcuni bulbi a fioritura primaverile, quali giacinti, crocus, narcisi, tulipani, vengono tuttavia coltivati con successo in vasi e programmati per la fioritura in periodo natalizio.
In appartamento le bulbose rimangono fiorite per molto meno tempo rispetto a quanto accade se fossero all’aperto, a causa delle alte temperature dovute all’impianto di riscaldamento. Oltre i 16-18 °C si assiste ad un rapido avvizzimento dei fiori e ad un ingiallimento delle foglie, che comunque non pregiudicano la sopravvivenza futura delle piante, dal momento che questa è garantita dai bulbi sotterranei.
Tuttavia, al fine di preservare al meglio le bulbose per un proseguimento di fioritura negli anni successivi, è consigliabile, non appena i fiori sono appassiti, trasferirle subito all’aperto, in posizione ben illuminata, mantenendole nel vaso, eliminando le foglie ingiallite e riducendo fortemente le irrigazioni, al fine di non far marcire i bulbi.
Se il vaso è capiente, i bulbi vi permangono sino agli inizi dell’autunno successivo, quando vanno riportati all’interno, dopo aver eventualmente aggiunto terriccio ed effettuato una concimazione con prodotti liquidi per piante fiorite, per riaverli fioriti per Natale.
Oppure possono, agli inizi della primavera, essere messi a dimora in giardino, in terreno soffice, leggero e organico, ben drenato e in esposizione soleggiata. Generalmente, se il suolo è ben fertile, basta una leggera concimazione al momento dell’impianto, che va poi ripetuta, anno dopo anno al momento del germogliamento primaverile dei bulbi, con concimi in granuli ricchi in azoto e fosforo.
Ardisia
Originarie delle zone tropicali caldo-umide dell’America e dell’Asia, in natura le piante appartenenti al genere Ardisia si presentano come arbusti sempreverdi di piccolo-medio sviluppo. La specie più nota è l’Ardisia crispa, pianta dallo sviluppo cespuglioso, alta al massimo 60-70 centimetri, a crescita lenta, dotata di piccole foglie ovali, coriacee, di colore verde scuro, lunghe da 5 a 8 centimetri, appuntite e con i margini ondulati o leggermente seghettati.
I fiori, di piccola dimensione e di colore bianco, compaiono a fine maggio-inizi di giugno. Successivamente appaiono i frutti, piccole bacche di colore rosso vivo che possono resistere sulla pianta sino alla fioritura dell’anno successivo, mantenendo molto attraente la pianta per un lungo periodo, soprattutto in epoca invernale.
Di facile coltivazione anche in contenitore e adatta alla permanenza, purché non prolungata, in luoghi chiusi, l’ardisia è considerata a tutti gli effetti una pianta da interni ed è molto apprezzata in periodo natalizio per il contrasto cromatico tra le foglie verdi lucenti e i grappoli di piccole bacche rosse.
Al termine delle festività, l’ardisia generalmente si presenta ancora in buone condizioni, con fogliame vigoroso e bacche ancora persistenti. Tuttavia, al fine di prolungarne il pregio ornamentale, è opportuno non trascurarla e continuare a sottoporla a costanti cure.
Si può tenere in casa sino agli inizi della primavera, epoca a partire dalla quale può trovare posizionamento all’aperto. Negli ambienti interni va mantenuta a temperature comprese tra 15 e 20 °C e in piena luce : in condizioni di ombrosità tende ingiallire il fogliame, mentre con temperature troppo elevate perde precocemente le bacche.
Richiede un’irrigazione frequente in primavera-estate, periodi nei quali prima fiorisce e poi forma le bacche e durante i quali il terriccio deve rimanere uniformemente umido nei primi 2-3 centimetri, ma non intriso di acqua. L’acqua distribuita va ridotta di circa un terzo in autunno-inverno.
È importante eliminare l’acqua che ristagna nel sottovaso, poiché potrebbe essere causa di marciumi radicali generati da funghi.
Quando le bacche iniziano a decolorare, e prima di portarla all’aperto, può risultare utile procedere ad una leggera potatura dei rametti che sono cresciuti troppo e che rendono disordinato l’aspetto della chioma.
I tagli devono essere eseguiti sempre con attenzione, evitando di asportare porzioni troppo estese.
Cresce bene anche in contenitori di limitata capienza ed un eventuale cambio di vaso va effettuato poco prima del trasferimento all’aperto, utilizzando un terriccio di buona qualità, organico e torboso, ma non troppo leggero. Quello ideale è così costituito: 40% terriccio universale per piante d’appartamento; 40% terra di foglie o terra d’erica; 20% sabbia silicea.
La pianta è mediamente esigente per quanto riguarda l’apporto di fertilizzanti. Una concimazione con un fertilizzante liquido, specifico per piante da interno, a base principalmente di azoto e fosforo, eseguita due volte in primavera ( marzo e aprile ) e una volta in autunno ( settembre-ottobre ) stimola una regolare produzione di foglie, fiori e frutti.