Cane e gatto: allergie e intolleranze alimentari

I dati ci dicono che aumentano di giorno in giorno le persone intolleranti ad alcuni alimenti, a piante o altre sostanze nell’ambiente. Da questa tendenza sempre più diffusa non sono esenti nemmeno i quattrozampe di casa. Ecco, quindi, come riconoscere eventuali problemi e come intervenire. 

Roberta Marino
A cura di Roberta Marino
Pubblicato il 27/05/2021 Aggiornato il 27/05/2021
intolleranze alimentari cane e gatto

Il cane o il gatto si grattano in modo insistente, vomitano o presentano altri piccoli disturbi come diarrea o problemi agli occhi: sintomi generici che possono far pensare a qualche patologia ma che se, nonostante i controlli e le cure, non migliorano con il tempo, sono quasi certamente legati a una forma di allergia. In alcuni casi può trattarsi di un disturbo stagionale (per esempio dovuto ad alcuni parassiti o pollini presenti nell’aria) in altri, se la situazione si cronicizza, ci può essere alla base un alimento o una sostanza alla quale l’animale è intollerante. In questo caso il disturbo che manifesta l’animale non migliora se non evitando la sostanza “incriminata”. Tuttavia non sempre è facile scoprire quale sia questa sostanza; il veterinario, dopo aver sottoposto l’animale ad adeguati controlli, potrà aiutarvi a capire quale sia la causa scatenante e ad eliminarla dalla dieta del vostro pet.

Si tratta di allergia?

Non è sempre facile capire se alcuni sintomi possono essere legati a un’allergia, perché sono piuttosto generici. Il sospetto nasce quando si manifestano con insistenza, per tutti i mesi dell’anno senza differenze stagionali, e nonostante le cure. Comunque i segnali che dovrebbero insospettire sono: otite mono o bilaterale (spesso unico segno di allergia alimentare), eruzioni cutanee di vario tipo, quali arrossamenti, croste dovute a grattamento o ispessimento e pigmentazione scura (lichenificazione), alopecie (ossia mancanza di pelo in zone come la testa e arti nel cane, mentre nel gatto prurito e croste si localizzato a livello di regione temporale e collo). Le reazioni avverse al cibo possono determinare anche disturbi di tipo gastroenterico, sotto forma di feci poco formate, flatulenza, diarrea intermittente, colite (con eliminazione ripetuta di piccole quantità di feci molli miste a muco e sangue).

Che differenza c’è tra allergia e intolleranza?

Le allergie e le intolleranze alimentari sono simili per quanto riguarda le cause e le manifestazioni ma le prime, rispetto alle seconde, comportano problematiche più profonde e tendono a recidivare. Entrambe vengono definite “reazioni avverse al cibo” e, in linea di massima, sono la causa del 10-15% della dermatosi allergiche e spesso sono concomitanti alla dermatite atopica. Si tenga presente che la dermatite atopica in alcuni casi può essere legata anche a una reazione del sistema immunitario ad allergeni di tipo ambientale (quali pollini, polveri, acari, sostanze chimiche) e per questo difficilmente risolvibile.

Le soluzioni ai primi segnali

Nella fase iniziale grave si possono utilizzare terapie locali a base di shampoo (per i cani) o soluzioni topiche (per i gatti che, come è ben noto, non amano i bagni) lenitivi e idratanti, importanti per idratare la cute e ricostruire la barriera lipidica protettiva, o farmaci sistemici per controllare il prurito (quali sostanze inibenti la percezione del prurito a livello periferico, da poco in commercio e molto efficaci) e le infezioni batteriche per i traumi conseguenti al grattamento (e per questa ragione si rende necessario l’uso di antibiotici).
Contribuisce al controllo del prurito, anche l’integrazione della dieta con prodotti a base di palmidrol (che riduce il rilascio di sostanze pruriginose da parte delle cellule immunitarie della cute) e di acidi grassi omega 3 e 6.
Per quanto riguarda i disturbi gastroenterici, invece, la terapia consiste nel trattamento con antiemetici, antispastici in corso di colite e con fermenti lattici per lunghi periodi.
L’uso di questi medicinali, protratto per diverse settimane, risulta fondamentale per garantire un corretto rapporto fra mucosa intestinale e sostanze alimentari.

La guarigione

Per risolvere il problema alla radice, tuttavia, è necessario scoprire la causa scatenante. Le sostanze più frequenti che causano la reazione avversa di intolleranza o allergia alimentare sono manzo, pollo, prodotti lattiero caseari, glutine e numerosi additivi che possono essere presenti nei cibi. Nel 52% dei casi i disturbi compaiono entro il primo anno di età, tuttavia possono manifestarsi anche a causa di un alimento del quale il gatto o il cane si è sempre nutrito per mesi o anni e improvvisamente non viene più tollerato.
L’unico modo per ottenere una diagnosi certa è somministrare una dieta “privativa” di 8 settimane, ossia che sia libera al 100% da sostanze verso le quali l’animale può avere sviluppato l’intolleranza. Sarà il veterinario, che valuterà la dieta a eliminazione da mettere in atto dopo un’adeguata diagnosi escludendo altre patologie possibili.

Gli alimenti idonei

In commercio esistono alimenti idonei, studiati appositamente per gli animali intolleranti. Sono i cosiddetti alimenti monoproteici, composti da un’unica fonte proteica alternativa, quale anatra, cavallo, maiale, cervo, e da una fonte di carboidrati priva di glutine, riso, patate e piselli solitamente.

La risposta al cambio di dieta, di solito, avviene nel giro di tre o quattro settimane: se i sintomi si riducono si potrà poi effettuare il cosiddetto “test di provocazione” (di conferma) ossia ritornare all’alimentazione originaria e verificare se i sintomi ricompaiono. Si tratta, tuttavia, di un test non  indispensabile e volendo si può proseguire con il cibo usato come dieta privativa. Una volta individuato l’ingrediente “incriminato” sarà importante proseguire con la dieta specifica individuata per evitare ricadute eliminando dal pasto quotidiano quell’alimento.
Nei casi in cui non si abbia una risposta efficace ai cibi monoproteici, si opta per quelli ipoallergenici, contenenti soltanto proteine idrolizzate, ossia trattate in modo da essere talmente piccole da non indurre sicuramente reazioni avverse.
Tutti questi alimenti sono in commercio sia come umidi che secchi.
Durante tutto il periodo della dieta privativa è fondamentale che l’animale non abbia accesso ad altre fonti di cibo (casalingo o di altri animali) perché questo potrebbe vanificare tutto il processo di diagnosi e cura. Utile, poi, che il proprietario annoti su un quaderno gli orari dei pasti e le reazioni allergiche o intolleranti dell’animale da riferire al veterinario.

Se l’allergia è di tipo ambientale

Subito dopo le intolleranze alimentari, le cause più frequenti di allergia sono gli allergeni di tipo ambientale: polline, acari, parassiti. Questi provocano, soprattutto nel cane, disturbi cutanei che colpiscono orecchie, coda, ascelle, addome, mento e interno cosce. Caratteristici del cane che vive in casa e in città, incidono negativamente sul rapporto tra l’animale e il suo compagno umano. La dermatite atopica, poi, ha una componente ereditaria: sono soprattutto le razze come Golden retriever, Labrador, West Highland e cani bianchi in genere, a soffrirne. La terapia per contenere e limitare il disturbo mira al ripristino della barriera cutanea attraverso un’adeguata protezione antiparassitaria (efficaci i moderni pulcicidi e zecchicidi orali), oltre all’immunoterapia (da attuare dopo aver effettuato i test allergologici , il trattamento del prurito con farmaci e bagni specifici per idratare la pelle. Inoltre risulta particolarmente importante anche un’alimentazione ricca di acidi grassi omega 3 e omega 6 che riducono la perdita di acqua dalla pelle.

Cambio dieta al gatto? Sembra facile…

Le allergie o le intolleranze rientrano tra le motivazioni reali per dover proporre al proprio micio un nuovo regime alimentare. Quello che, però, per un cane (notoriamente piuttosto ingordo) risulta decisamente fattibile, nel caso del gatto non è così semplice.

Esigente, schizzinoso, abitudinario, il gatto non accetta di buon grado le novità e, ostinato e testardo, è perfino capace di rifiutare il cibo che non gradisce, con conseguenze anche piuttosto serie per il suo organismo.

Con il felino di casa, quindi, è necessario armarsi di tanta pazienza e giocare un po’ di astuzia. Il processo di cambiamento dovrà avvenire poco per volta, tenendo presente, però che, in questo caso, l’introduzione del nuovo alimento ipoallergenico dovrà avvenire in tempi più lunghi e, di conseguenza, la dieta privativa inizierà solo al cambio ultimato.

Come fare, quindi?

Inizialmente si dovrà introdurre solo il 25% del nuovo alimento mescolandolo insieme a quello consueto.

Una volta che questa modifica è stata accettata, si potrà arrivare a un rapporto di 50 e 50 tra la nuova dieta e quella già consolidata, procedendo con questa proporzione per circa cinque giorni.

Infine si arriverà a un 75% di alimento nuovo per un’altra decina di giorni fino alla sostituzione completa.

L’intero processo (ovviamente sempre sotto controllo veterinario) potrebbe richiedere anche 2/3 settimane di transizione, cui seguiranno poi i tempi canonici della dieta privativa.

Durante tutto il periodo di cambiamento da una dieta all’altra è bene sempre:

  • controllare che il gatto non diventi inappetente
  • provare a intiepidire la pappa per renderla più appetitosa
  • lasciarlo tranquillo
  • stimolarlo con il movimento, la curiosità e l’istinto predatorio per fargli conoscere il nuovo alimento
  • togliere il cibo consueto per un paio di ore e poi proporre quello nuovo mescolato, incrementando progressivamente
  • la quantità come già indicato
  • Infine: armarsi di pazienza e non cedere

E se intanto si gratta?

Farmaci, integratori e dieta ipoallergenica, in maniera costante e continua, rappresentano le vie più efficaci per risolvere i problemi dermatologici del cane e del gatto causati da intolleranze e allergie alimentari. Durante tutto il periodo di cura, tuttavia, non è sempre facile tenere a bada l’animale che, infastidito dal prurito di gratta e si lecca con insistenza spesso causandosi anche traumi e ferite che possono, a lungo termine, infettarsi.

È necessario, quindi, fare in modo che questo rischio venga il più possibile scongiurato.

Un metodo classico e ormai consolidato, è quello di utilizzare il cosiddetto “collare elisabetta”: si tratta di un collare a forma di imbuto o cono solitamente di plastica (ne esistono anche gonfiabili o in tessuto) che viene applicato solitamente nel periodo post-operatorio per evitare che il cane o il gatto si gratti la ferita e si levi i punti. Si tratta, tuttavia, di un accessorio che il cane (e ancor più il gatto) non accetta affatto di buon grado: anzi, si può dire che lo trovi davvero insopportabile!

Limitando visuale e capacità di movimento, infatti, l’animale è infastidito e fa di tutto per levarlo.

Se, quindi, il collare elisabettiano diventa un’impresa impossibile, esiste un’altra possibilità per mettere a freno denti e artigli innervositi. In commercio esistono magliette apposite post-chirurgia per cani e gatti; in alternativa si possono anche fare in casa utilizzando vecchie t-shirt da tagliare della misura adatta facendo passare le zampe nelle maniche, oppure (per i gatti o i cani di piccola taglia) i body dei neonati. Si dovrà avere cura di fare in modo che l’animale sia agevole nei bisogni e nei movimenti e che non stringa troppo: una maglietta di cotone, quindi, si potrà rivelare una buona soluzione meno ingombrante e meglio accolta rispetto al collare elisabettiano tanto osteggiato.

 

Per saperne di più

Cane: gli alimenti da evitare 

Gatto: gli alimenti da evitare 

Pappa del cane: quale scegliere 

Gatto: il cibo giusto in ogni momento della vita 

 

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