Cohousing, un nuovo modo di abitare

Abitazione privata, servizi in comune: è il cohousing. Scopriamo qualcosa in più di questo nuovo modo di abitare.

Redazione
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il 15/04/2014 Aggiornato il 15/04/2014
Cohousing, un nuovo modo di abitare

Il cohousing è un nuovo modo di abitare che si ispira ai vecchi tempi, quando le famiglie convivevano in comunità all’interno di cascine o corti. Già l’architetto svizzero Le Corbusier si era accorto dei vantaggi che offre la disponibilità di spazi e servizi collettivi anche nelle abitazioni moderne e li aveva messi in opera nella Unité d’Habitation, conosciuta anche come Cité Radieuse, a Marsiglia. Negli anni Sessanta, in Scandinavia nasce il cohousing, che oggi conta più di mille insediamenti nel mondo, soprattutto diffusi in Danimarca, Svezia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone.
Si tratta di insediamenti residenziali che combinano l’autonomia dell’abitazione privata con i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi, come micronidi, laboratori per il fai da te, auto in comune, palestre, stanze per gli ospiti, orti e giardini. Con benefici che sono non soltanto di tipo socio-economico, ma anche ambientale. Perché insieme la vita è più semplice e sociale, ma anche meno costosa.
I rapporti di buon vicinato sono garantiti dall’aggregazione di persone dalle esperienze differenti, ma che si scelgono e si fanno gruppo promotore di una realtà che potrebbe consolidarsi nel tempo con la formazione di una visione comune condivisa. Non ci sono principi ideologici, religiosi o sociali alla base del formarsi di comunità di co-residenza, così come non ci sono vincoli specifici per uscirne.
La progettazione partecipata di un cohousing prevede sia la pianificazione del progetto edilizio vero e proprio – dove il design stesso facilita i contatti e le relazioni sociali – sia la definizione degli ambienti comunitari: cosa e come condividere, come gestire i servizi e gli spazi comuni. I cohousers devono quindi sia improvvisarsi architetti capaci di organizzare e dare forma sulla carta agli spazi comuni, sia essere designer di servizi, sviluppatori di una serie di strumenti per facilitare il dialogo tra vicini e tra progettisti e utenti. Come in ogni comunità ben funzionante, i cohouser definiscono responsabilità e ruoli di gestione degli spazi e delle risorse condivise, in genere in relazione agli interessi e alle competenze delle persone, ma nessuno esercita alcuna autorità sugli altri membri; tutte le decisioni, infatti, sono prese sulle base del consenso.
Oltre al recupero e alla riqualificazione di edifici ormai dismessi, tutti i progetti di cohousing puntano alla sostenibilità convertendo i vecchi edifici alla miglior classe energetica, grazie all’installazione di impianto geotermico e fotovoltaici e all’annullamento delle emissioni nocive.

Il primo sistema coabitativo in Italia è nato su un ex-opificio milanese, trasformato nell’Urban Village Bovisa. È costituito da loft e mansarde, che ospitano 32 famiglie e si affacciano su una corte colorata da un giardino comune. Tra gli spazi condivisi ci sono anche una piscina con solarium, un living condiviso, la lavanderia-stireria, una hobby room, il deposito gas. Quello di prossima realizzazione (sarà pronto per fine 2014) è Cohttage, che recupera una cascina seicentesca nel quartiere di Trenno, sempre a Milano. Sono previste 20 unità abitative di tutte le tipologie (dal piccolo appartamento alla casa di famiglia), 200 mq di spazi comuni coperti e una corte ampia con un giardino e un frutteto. 

Per raccogliere informazioni e aggiornamenti su progetti e disponibilità degli insediamenti coabitativi, si può consultare il sito internet http://www.cohousing.it, dove è online la community italiana di chi abita o vuole abitare in villaggi a servizi condivisi. È possibile anche iscriversi alla newsletter che mensilmente informa chiunque desideri approfondire l’argomento o scoprire proposte e opportunità sul territorio di creazione di villaggi in coresidenza.

 

 

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