Affitti: breve guida ai contratti di locazione e al regime fiscale applicabile

A canone libero, ad uso transitorio fino al contratto per esigenze abitative di studenti universitari fuori sede: ecco tutte le tipologie di contratto di affitto, come si registra e quali tasse si pagano.

Redazione
A cura di “La Redazione”
Pubblicato il 12/04/2015 Aggiornato il 12/04/2015
Affitti: breve guida ai contratti di locazione e al regime fiscale applicabile

Al giorno d’oggi è sempre più difficile acquistare la casa dei propri sogni, complice la crisi economica che ostacola l’accesso al credito, soprattutto per i giovani. Molti quindi decidono di prendere un appartamento in affitto. A canone assistito o a uso transitorio o ancora con la formula del “4+4”, sono tante le tipologie di contratto di locazione previste dalla Legge. Vi spieghiamo quante e quali sono e il regime fiscale applicabile.

Nel contratto di locazione le parti sono due: da un lato il proprietario dell’immobile, detto locatore e dall’altro l’inquilino, detto conduttore o locatario. A dettare le regole generali sugli affitti è la Legge 9 dicembre 1998, n. 431, intitolata “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”. La locazione è un contratto con natura consensuale e forma libera. La durata di regola segue la classica formula del “4+4”, intesa come quattro annualità rinnovabili di ulteriori 4.

Contratto di locazione a canone libero

Il contratto di locazione abitativa più utilizzato è quello a canone libero, così chiamato perché l’importo è liberamente determinato dalle parti. La durata minima e le modalità di rinnovo, recesso, ecc sono invece dettate dalla Legge.

Contratto di locazione a canone assistito

Nei Comuni ad alta densità abitativa, il locatore-proprietario, a fronte di agevolazioni fiscali, può decidere di utilizzare dei modelli contrattuali standard per la locazione, che vengono stipulati a livello locale dalle associazioni rappresentative della categoria dei proprietari e di quella degli inquilini. Il canone è assistito nel senso che è oggetto di trattative e non può essere deciso liberamente dal proprietario. In genere ha durata fissa di 3 anni, prorogabili di altri due, sempre che il locatore, per esigenze personali, non abbia provveduto ad inviare tempestivamente al conduttore la disdetta entro il termine di 6 mesi prima della scadenza triennale.

Contratto di locazione ad uso transitorio

Per motivi di lavoro può capitare che un soggetto debba trasferirsi in un’altra città e quindi sorge l’esigenza di prendere un immobile in affitto. In tal caso si può utilizzare la tipologia contrattuale della locazione ad uso transitorio. Con tale contratto il proprietario di un immobile concede per un limitato periodo di tempo e per un’esigenza transitoria specifica (ad esempio motivi di lavoro) il godimento di un immobile dietro pagamento, per un periodo limitato da 1 ad un massimo di 18 mesi. La durata così anche l’esigenza temporanea, devono essere specificatamente indicate nel contratto, altrimenti questo risulta soggetto alla disciplina ordinaria con durata di 4 anni + 4 anni. Non è necessario dare la disdetta perché il contratto scade naturalmente alla fine del tempo indicato.

Particolare tipologia di contratto di locazione ad uso transitorio, è quello previsto per gli studenti universitari fuori sede. In tal caso l’esigenza transitoria riguarda la permanenza in una città universitaria per motivi studio: il canone non è liberamente pattuito dal proprietario ma deve attenersi a quello stipulato da accordi territoriali. La durata della locazione varia da un minimo di 6 ad un massimo di 36 mesi.

Come si registra e quali tasse si pagano

Una volta stipulato il contratto di locazione deve essere registrato all’Agenzia delle entrate (si precisa che la registrazione è obbligatoria solo se la durata del contratto supera i 30 giorni all’anno) seguendo specifiche modalità:

• On line dal sito dell’Agenzia, dotati di credenziali (nome utente e password)
• Agli uffici territoriali delle Entrate, presentando il modello RLI; debitamente compilato, scaricabile gratuitamente sempre sul sito (www.agenziaentrate.gov.it).

Per la registrazione di un contratto di locazione sono dovute l’imposta di registro e l’imposta di bollo. L’imposta di registro, per immobili ad uso abitativo, ha misura pari al 2 per cento del canone annuo moltiplicato per il numero degli anni della locazione. Per i contratti di locazione a canone concordato, riguardanti immobili che si trovano in uno dei Comuni ad alta densità abitativa, la base imponibile su cui calcolare l’imposta è ridotta del 30%. A pagarla sono il locatore e il conduttore, 50 e 50. Per ogni copia del contratto da registrare si paga anche l’imposta di bollo di 16 euro ogni 4 facciate scritte.

Si può anche optare per pagare un’imposta sostitutiva, ossia la cedolare secca. Regime di tassazione alternativo, con la cedolare si paga un’imposta che sostituisce l’Irpef e le relative addizionali. Chi sceglie la cedolare non dovrà pagare nè l’imposta di registro, né quella di bollo. L’imposta ha aliquote diverse a seconda della tipologia di contratto di locazione a cui si applica:

• al 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti per i contratti a canone libero
• al 10% dal 2014 al 2017 ( e dal 15% dal 2018) per i contratti stipulati nei Comuni con carenze di disponibilità abitative (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia) e in quelli ad alta tensione abitativa.

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